Rassegna storica del Risorgimento

HOHENEMSER EMMA ; HOHENEMSER SOFIA
anno <1915>   pagina <30>
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Memorie e -lettere
ridivenuti ritrosi e riluttanti al dominio imperiale: toccava a me vestire l'uniforme austriaca quando tutt' Italia echeggiava del grido di Viva Pio IX) che significava fuori lo straniero. Giunti a Yienua, papà mi presentò subito, al conte generale Ceccopìeri, comandante, al M.se Airoldi vice comandante della Guardia. Il Oeceopieri, tra i" più notevoli ufficiali di Napoleone I in Ispagna, era tra i vecchi conoscenti di nostro patire,"e FAiroldi, più giovane, aveva sposata una marchesa Sordi di Mantova. Il giovanetto rivoluzionario, ora capti vo nella Guardia, era stato cordialmente accolto dai suoi capi, li vasto palazzo della Guardia era tra; i maggiori della Land-strasse, il più elegante sobborgo della capitale austriaca. Grandi sale, belle camere, arieggiati cortili per le esercitazioni militari, maneggi per cavalcare, tutto vi era appropriato agli scopi dell'Isti­tuto e ad una dimora comoda, piacevole, ' attraente. Le sessanta guardie erano suddivise in quattro classi, corrispondenti ciascuna ad uno dei quattro corsi dell'Istituto. Io appartenevo al primo corso dei quindici testé arruolati sotto la sorveglianza ed il comando del capitano Raccagni bresciano, morbo poi generale dell'esercito na* zionale. Oi. si alzava ogni giorno all'alba per cavalcare, ed io pe­nava assai a reggermi saldo in sella senza staffe, e nuovo affatto ad ogni gin a astica, non solo il cavalcare, ma ogni altro esercizio militare mi riuscì difficile. Tra le quali difficoltà mi rimase impressa quella delle lezioni di nuoto. D'estate ci si conduceva in luogo adatto in riva al Danubio. I miei compagni vi accedevano leganti ad una corda e presto vi nuotavano; a vincere la mia ritrosia, si dovette invece da un alto palco spingermi a saltare nell'acqua pe­rigliosa e fredda, legato ad una lunga fune. Vinto così quel ribrezzo nuotai anch'io come gli altri. Ben altrimenti tacili erano per me le lezioni di storia, geografia, codici, regolamenti militari, e di let­tere italiane. Oe le insegnava le nostre lettere il buon abate Val-busa, che tradusse poi in italiano il celebre libro del Burckardt sulla nostra civiltà del Rina-sei mento. I miei componimenti gli pia­cevano assai, mi voleva bene, e mi lodava, e quelle lodi né insu­perbivano me, né ferivano i miei compagni, i quali non pretende­vano a coltura che non avevano. Ohe se l'elasticità mia giovanile mi aveva sorretto in quella indimenticabile crisi della mia vita, questa trovò presto conforto nella Guardia stessa. M'accorsi che i compagni alle idee ed ai sentimenti miei partecipavano, e a non