Rassegna storica del Risorgimento
HOHENEMSER EMMA ; HOHENEMSER SOFIA
anno
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1915
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pagina
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31
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di Catto Quérrwrì Ganzuga SI
dubbi segni gli stessi ufficiali vi inclinavano Frattanto i primi mesi del mio noviziato scorrevano, ed avevo dalle leggi stesse militari, che ci si esponevano, saputo come a tutti gli ufficiali effettivi dell'esercito austriaco fosse lecito dare le dimissioni, le quali non potevano essere rifiutate. Afferrai eoll'animo fiducioso quella tavola di salvezza, e mi proposi, quando fossi, tra i primi sei del mio corso, promosso sottotenente, allo spirare del primo semestre, di presentare le dimissioni e sottrarmi al giogo. Colla quale piacevole prospettiva dinanzi alla mente, mi sorrise d'allora in poi il soggiorno nella grande, bella, varia, gaudente capitate austriaca. Solevo quasi ogni giorno con qualche compagno, andare a diporto fino al brillante suo centro, in piazza Santo Stefano, e proprio ad un caffè dirimpetto alla cattedrale. Teatri ed altri festivi ritrovi non mancavano ; e poi c'era quello nel palazzo imperiale dove spesso si andava a passare lietamente le serate insieme ai compagni, ohe vi erano di guardia negli appartamenti stessi del Sovrano. Di giorno guardie ungheresi ed italiane vi prestavano servizio, che di notte era affidato a veterani sottufficiali austriaci. In men che non lo dico, quei primi mesi passarono ed io fui promosso sottote-nente, secondo della mia classe, il primo posto essendo stato dato al conte Gerolamo Fé d'Ostàani di Brescia, bravo ed ottimo giovane, il quale m'era certo superiore in tutto ciò che fosse forza e destrezza fisica. A proposito delle quali, corse allora voce tra noi : che il generale Oeccopieri, nell'esaminare quelle proposte di nomina, avesse osservato che le guerre si vincono più col capo che col... Ottenuto così colla nomina a sottotenente quello che consideravo bastone di maresciallo, pensai che le dimissioni non dovessi per convenienza presentarle subito subito, ma solo verso il chiudersi del primo corso, in autunno. Frattanto quel bastone me lo tenevo in tasca, e per lui mi sentivo maresciallo di me stesso.
Eravamo in maggio o giugno del 1847 e Pio IX era ormai in Vienna quasi altrettanto popolare, quanto in Italia. Quel pontefice, preconizzato liberatore, riformatore, senza aver né detto né fatto cosa dalla quale lo si potesse misurare, aveva cosi singolare prestigio da impersonare il vago, lo sconfinato liberalismo, dal quale in quel tempo, ogni popolo attendeva salute.
Alla popolarità di Pio IX in Vienna si collega un caso che ci stupì: un segno dei tempi.