Rassegna storica del Risorgimento
HOHENEMSER EMMA ; HOHENEMSER SOFIA
anno
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1915
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pagina
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53
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di Uarfo Q-mrìiéyft Gonzaga 3
siedala, dal generale Cavaignae. la quale aveva dovuto, nel giugno, domare in cinque giorni di sanguinoso combattimento la .Olt; degli operai parigini, si sentiva ormai aliteeta!to impopolare in arancia quanto, vi era mai. stata la Monarchia degli Orléans. Essa non avrete perÀrso i SÉacln di una grossa guerra a favore di Gairlfl Albecto, mentre le facevano anche difetto gli apparecchi militari. Il Ministro francese per gli Esteri, il Bastide, si con-teneva di secondare le prò poste inglesi di mediazione Sft tra l'Austria prepotente ed il Piemonte spossato.
Le quali cose accenno, care figliuole, a spiegarvi come Anselmo subisse poi per molti anni le avversioni, le diffidenze dei più zelanti propugnatori il'una monarchia sabauda comunque ingrossata e raffazzonata. Egli, colpito già nel 1848 daffa scomunica maggiore del Sinedrio Albergata, non ne fu. prosciolto, he dopo lunghi anni, dal senno e dall'animo del conte di Oavoiir.
Anselmo a Ginevra, tea cari amici milanesi, si sentiva in più spirabil aere. Con loro si fece un giro di diporto per la Svizzera, e si giunse una sera a Seiaffusa. Eravamo con la signora Saulina Viola, suo tìglio Gustavo, il Tenca, il Bellerio ed un Deinbovscki, polacco già emigrato da Varsavia, ed ormai diventato milanese. Si scese d Un albergo, nel quale non erano libere tante camere, quante ne sarebbero occorse perchè ognuno della nostra comitiva avesse la sua. Al Dembowscki ed a me, fu perciò assegnata una camera a due letti, l'uno rimpetto all'altro* Vi eravamo da poco caricati ed a lumi spenti, quando il mio nuovissimo compagno riaccese il suo. Lo vidi aprire un suo astuccio, levarne e caricare una pistola ed appuntarla verso me, che stavo supino ad occhi socchiusi. Strano scherzo davvero, oppure avevo da tare con un pazzo? Attonito, non sapendo cosa dire o fare, non mi mossi;, fè fu davvero un gran sollievo quando l'incomodo compagno rimise la pistola nell'astuccio e spense il lume. Il mio letto era prossimo all'useio che dava nel corridoio, ed io, al primo albeggiare, mi vestii in gran fretta, e cheto cheto me ne scivolai fuori nel corridoio. Scesi dall'alto della città, dove eravamo, in basso à un caffè, tori del quale si aveva una vista bella assai della gran cascata del Beno.
Stavo Seduto inori del caffè quando vi fui sorpreso dal Dembowscki, che, con tiare Indifferente, mi chiese se avessi dormito