Rassegna storica del Risorgimento
1864 ; COMITATO NAZIONALE ROMANO
anno
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1927
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pagina
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180
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Isabella. Bellini
spiati ad associarsi all'azione goverttatìm'ma; ira- Ipina non accade ciò che accade nelle provincia suddette?
La lunga sua dimora in Roma, Signor Conte, non è cessata che; da pochi giorni, ed Ella quindi quanto M meglio di ogni altro: pt, giudicare se siay-non co uguaglianza, ma somiglianza di situazione. Esiste in Roma la piaga del brigantaggio che si esercita nel Napolitano., ma tutto ciò che dai borbonici si fa colla connivenza, col consenso e colla cooperazìone dei pietì. governanti, si fa occultamente, senza che la massa della popolazione ne risenta danno! ev neffpur se ne avveda. Molti borbonici sono qui stanziati, ma la loro vita è affatto privata, e la massima parte degli abitanti non li conosce neppur per nome. Forse questa ignoranza vorrà da taluno chiamarsi apatia e trarne un titolo di accusa contro la popolazione di Roma, quasi che essa non sapesse spinger l'occhio oltre la cerchia delle proprie mura, rimanendo indifferente ai mali che affliggono la Nazione. Se così fosse, io dovrei soggiungere che non conosco al mondo alcun paese popolato dagli uomini di Plutarco; ma che invece ne conosco tanti quanti son quelli nominati nei più recenti trattati di geografia, presso tutti io so che gli uomini in massa intendono ciò che sentono.
La colpa potrà forse riversarsi sopra di noi, facendoci carico di non aver voluto o saputo usare all'uopo le forze del lenito Nazionale che trovansi organizzate sotto la nostra direzione? In primo luogo, debbo preméttere che, allorquando con nuova e maggiore insistenza si tornò su quel progetto, noi formalmente dichiarammo ai nostri amici, perchè ne riferissero a chi di ragione, che noi credevamo di non poter riuscire nell'intento, che peraltro eravamo dispostissimi non solo, ma pienamente contenti di cedere il nostro posto ad altri che volessero e sapessero fare ciò che noi confessavamo di non potere fare. Tante quante furono, né fu-furo nò poche, le lettere da noi scritte ai nostri amici in risposta alle loro incessanti insistenze;,, altrettante ripetevano quella loro dichiarazione e perfino la preghiera che si provvedesse a trarci da questo vero letto di Procuste. Se ciò non avvenne, io posso guarentirlo che la colpa non fu nostra, che anzi rimanendo al posto, demmo una vera prova di pro>-fonda abnegazione. Non mi par dubbio che una simile dichiarazione da noi fatta in tempo utile sia tale dà mettere pienamente al coperto la nostra responsabilità, ecc. ,
Quant'all'altro 4. come Ella dice, si riferisce.alla inazione che si continua a tenere nella questione romana, dico francamente che alla prima lettura della sua lettera credetti di non aver compreso, e che dopo averci ben riflettuto non potei guardarmi, da un senso di maraviglia. Ma