Rassegna storica del Risorgimento
1864 ; COMITATO NAZIONALE ROMANO
anno
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1927
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pagina
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182
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i3 Isabella Bellini
glio degli altri ministeri succeduti a quelli del Conte di Cavour, i quali, occupandosi incessantemente di quella questione, non ottenevano altro effetto che mantenere troppo deste delle speranze che rompevano sempre contro l'ostinata resistenza della Francia.
Ciò che io voglio intendere si è* che conseguenza necessaria di questa politica che aggiornava a tempo indefinito la questione romana doveva essere che anche i; Romani si acconciassero alio stesso andamento. Infatti, se era giusto e doveroso che essi si agitassero, mentre ehi occupava le sedie ministeriali prendeva per punto di partenza la soluzione di quella questione, l'agitazione si sarebbe ridotta ad uno sciupio di forze dopo che il nuovo Governo, senza rinunziare a quei voto solenne degli Italiani, dichiarava che pur desideroso come era di adempierlo, l'avrebbe adempiuto quando l'occasione propizia gli si fosse presentata.
Ad esprimere netto ed intiero il nostro concetto, noi crediamo, sig. Conte, che qualunque sia per essere il tempo ed il modo nel quale e col quale questa questione di Roma sarà sciolta, l'opera dei Romani non possa essere che sussidiaria di quella del Governo, che Roma possa cooperare soltanto. Nessun uomo che voglia parlare seriamente vorrà mostrarsi così semplice da dire che i Francesi lascierebbero Roma quando fosse proprio dimostrato efee i Romani non amano di vederli montar la guardia al Vaticano, come non vi sarà nessun uomo di senno il quale osi dire che i Romani dovrebbero cacciarli dalle loro mura, mentre assai pochi e ninno forse in buona fede si persuaderebbe che ciò potesse farsi dai 304 cento mila soldati del Regno d'Italia. Ma se l'azione di Roma nella questione romana non può esser altro che cooperatrice, che sussidiaria di quella del Governo, noi ci crediamo autorizzati a dimandare ehi ci accusa d'inazione, se forse sia il Governo pronto e disposto ad agire,,-Quando ciò KOB fià, coinè in realtà non sembra, crederemmo di poter dire con piena ragione che l'inazione nostra rimane pienamente giustificata dall'inazione del Governo.
Io non mi lusingo molto ohe queste cose, che io le son venuto scrivendo e che amerei fossero comunicate a chi di ragione nella loro forma originale,' riescano a convincere il Governo meglio di quello che ella dice di non aver potuto fare. Qualora così avvenga, ossia quando il Governo prosegua a credere che possa farsi ciò che noi crediamo di non sapere né di poter fare, io dichiaro formalmente, in mio nome ed in nome dei miei amici, che sin da questo momento noi ci consideriamo come dimissionari e che stiamo ansiosamente attendendo che ci si indichi la persona nelle cui mani dobbiamo affidare le fila dell'associazione nazionale. È ben naturale che, dovendo mutar linea di condotta, noi non pos-