Rassegna storica del Risorgimento

LIBERALI
anno <1927>   pagina <200>
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essere ricondotta più fedelmente alla realtà, che effettivamente possedete, indi* pendentemente dai sentimenti che noi stessi possiamo nutrire perle vittime del sistema, a cui egli serviva. quando la nostra imparzialità sarà giunta sino al punto di giudicarlo senza odio, quando sarà giunta persino a ritenere che, sep­pure feroci contro 5 nostri padri, un Francesco 1, un Francesco Giuseppe ubbi­divano agli alti interessi della loro monarchia e dinastia e non furono, poi, cosi scarsi di merito, come ancora oggi si giudicano, se V ultimo di essi riusci, sia pure colla più spietata crudeltà, coli* inganno, a barcamenarsi e a ritardare di settanta anni lo sfacelo dol proprio impero, allora noi potremo dire di po­ter serenamente esporre la nostra storia ed esprimerne tutta la verità. Del re­sto, noi odiamo l'Austria perchè ci colpì nei più. sacri affetti, nei più nobili dei nostri ideali. Ma forse, se invece di essa avessimo avuto che fare colla Francia o coli'Inghilterra, saremmo slati trattati meglio? Sono forse scomparse le atro­cità del 1798? Sono forse già svanite dalla nostra mente le irriducibili avver­sioni dei Francesi e della regina Vittoria ai conati dei padri nostri? Bastereb­bero i bozzetti napoleonici, tracciati dal nostro Autore, per ricordarci che soli in tutta la Nazione sorella, soli di fronte a tutta l'Europa, egoisticamente con­tro di noi aizzata, Napoleone III e il principe Girolamo vollero e imposero la costituzione dell' Italia un senza altro compenso che quello territoriale bramato dai Francesi e fomentato da tempo dagli stessi nostri esuli democratici, senza altra speranza che la caduta dal trono e l'esilio. Perchè dunque coltivare in politica e in storia sentimentalismi si mal corrisposti?
Di tali sentimentalismi furono vittima finora gli scrittori che per posa o per passione gridarono plagas di Carlo Alberto. I bozzetti, dettatine dal Lazio, come preludio ad altre ricerche più profonde, venute di poi alla luce, rimettono a suo posto quel re magnanimo e abbattono l'una dopo l'altra tutte le fanta­siose o astiose elucubrazioni, perfino premiate dall'Accademia di Francia. Nella realtà Carlo Alberto fu tutt'altro che non ce l'abbiano sinora raffigurato: co­stante nei suoi proponimenti, illuminato nelle sue provvidenze, egli non per­dette mai di vista Io scopo cui mirava; sempre diresse tutte le forze della sua anima adamantina, del suo popolo, della amministrazione del suo stato a con­seguirlo.
Pacificare gli animi e riformare gli ordini del suo regno, secondo le aspira­zioni del popolo e del momento, per cementarne la compagine; chiamare l'I­talia a raccolta per abbattere l'odiata signoria austriaca furono i supremi intenti della sua vita. Egli li scontò col trono, coli'esilio e colla morte, martire sublime anch'egli della Patria agognata, per la quale arrischiò persino la libertà transi­tando attraverso le armate del Thurn e del Wimpffen. È vero che l'on; Salata in recentissima pubblicazione dimostra che gli austriaci non lo riconobbero se non dopo il passaggio attraverso le linee del "Wimpffen. Secondo noi, il rapporto del generale Thurn è troppo particolareggiato per essere creduto veridico. Fu ve-rìsimilmente scrìtto dopo il rapporto Wimpffen per dimostrare che C. A. non era stato riconosciuto e perciò non arrestato. Comunque, se noi stessi nella