Rassegna storica del Risorgimento
VENEZIA ; CAPPELLO (FAMIGLIA)
anno
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1915
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pagina
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843
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Atoitno pagine di patriottismo 13
avesse pur egli ad essere soggetto ai rigori della Polizia Austriaca, me ne partii solo con la ferma intenzione di sfidare qualunque periglio, ma di passare i bene sorvegliati confini per portarmi in Lombardia. Per verità non mi fu difficile di passare il Mincio a Monzambano, e la sera del 22 gennaio giunsi a Brescia. Venni a sapere dappoi che la Polizia Austriaca, credendo che mi fossi rifugiato in una mia campagna a Sanguinetto, aveva colà mandato l'ordine per il mio arresto.
La mattina seguente, a Brescia, mi trovai con diversi dei miei compagni di Josephstadt, ch'essi pure erano foggiti da Venezia, perchè a tempo avvertiti dell'arresto che li minacciava. Dopo qualche giorno andai a Milano e poscia a Torino, onde possibilmente ottenere un impiego nell'Amministrazione Giudiziaria, e seguire così la carriera intrapresa. Ora mi trovo a Torino da qualche giorno ed ho tutta la fiducia di avere quanto prima nn posto di Consigliere a qualche Tribunale della Lombardia, molto più che si prestano a mio riguardo due distinti ed egregi Magistrati, pei quali conserverò sempre grata e riconoscente memoria. L'uno si è il Consigliere d'Appello Federico Dott. Gazzaniga da me conosciuto, allorché tu al Tribunale di Venezia, pur esso perseguitato dal Presidente Schrott, e l'altro il mio amico da tant'anni Marco Dott. Angelini, pure Consigliere d'Appello in Milano, sempre propenso ad essere utile agli amici, e specialmente agli infelici emigrati Veneti.
Molti emigrati miei amici sono ora riuniti in questa Città, e faccio vita con essi. Per verità mi troverei abbastanza bene, se non avessi il cuore oppresso per la separazione dalla mia famig'ia.
Povera Venezia, ben altra sorte avresti meritato! La tua costanza per diciotto mesi di tener lontano da te lo straniero, tutti i sacrifici che hai sostenuto non valsero per renderti lìbera, ed unirti a questo Regno. Abbi pazienza, confida nel tuo Re Vittorio Emanuele, nell'eminente uomo di Stato Co. Cavour, negli altri distinti eroi della patria Italia, in questa popolazione che ha sempre alimentato il fuoco della libertà, ed in noi emigrati che non lascieremo al certo alcuna occasione per propugnare la tua liberazione. Accetta intanto un saluto da un tuo fedele figlio, il quale, dopo aver sofferto una penosa prigionia, ora vive lontano da te in esilio, lasciandoti come pegno del JSUO affetto quanto ha di più caro al mondo, i suoi amatissimi figli, non degeneri dai sentimenti del padre.
Torino, 30 febbraio 1860.