Rassegna storica del Risorgimento

D'ANCONA ALESSANDRO
anno <1915>   pagina <870>
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8 m Barbimi
presentava non meno grave, non meno pericoloso, non meno tra­gico del momento attuale; e allora nel campo giornalistico biso­gnava creare tutto dal nulla. Io, che già frequentavo l'officina pa terna, ricordo la caratteristica persona del direttore della Nazione t ancora rivestita dell'assisa militare, traversare a piccoli passi af­frettati il laboratorio dei compositori, per portare un* ultima notizia o la fine di un articolo al proto non ancora ben addestrato nel lavoro d'impaginazione.
Nella direzione della Fazióne il D'Ancona durò poco più di un anno, né accettò mai in seguito ufficio consimile, ma in lui, come nel Bonghi, le qualità caratteristiche del giornalista preval­sero sempre, la sua stessa produzione letteraria si manifestò in forma di articoli, dì brevi scritture, più spesso polemiche: egli fa un giornalista in cattedra, ma del carattere e della tempra di quei giornalisti che consideravano il loro ufficio come una missione, come una milizia, fedeli a priucipii politici, devoti al partito che professava tali priucipii e agli uomini che lo capitanavano, e ta­lora capitani essi stessi, che invece di una spada adoperavano una penna.

H D'Ancona lasciò la Nazione il giorno in cui Tittorio Ema­nuele II entrò in Firenze: il Be galantuomo, come era scritto sopra un arco dì trionfo, che Io aspettava in Piazza S. Giovanni, era accompagnato dal suo grande Ministro. Cavour, scorto il IPn-cona, gli si fece incontro e con effusione di liete parole gli strinse la mano. Questo, scrisse il signor Alessandro, fu il massimo e più desiderabile compenso dell'opera mia di giornalista.
Come da giornalista il D'Ancona si trasformasse in professore ha raccontato egli stesso. Il Salvaglieli, dotto, arguto e pronto conoscitore di uomini, gli pose gli occhi addosso, si rese conto del suo valore, intuì le sue mirabili attitudini al professorato, ed in quattro e quattr'otto il D'Ancona fu fatto professore. Ma erano tempi di rivoluzione.
Beata rivoluzione (esclama Guido Biagi ael riferire l'aned-doto) che seppe riconoscere in giovani promettenti e coscienziosi, ingegni da recar gloria alla Patria ricostituita. Giosuè Carducci,