Rassegna storica del Risorgimento

PISACANE CARLO
anno <1933>   pagina <62>
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Aldo Romano
pi s. Voglio, per sollevarmi un paco in questi fatali momenti, scri­vere le mie idee : l'acerbo dolore che io sento nel dovere abbandonare i figli mieìj mi renderebbe capace di qualunque eccesso, vorrei trangu­giare il mercurio che troverei in casa, pia conosco che esso non baste­rebbe per por fine alle mie pene.
Io sono divorata da un ardentissimo amore per Carlo, e pure se mi fosse possibile sperare che restando con i miei figli, io npn dovessi aver più. contatto con Dionisio, come; e stato per lo spazio di tre mesi fortu­natamente senza neanche conoscerne la ragione, io mi sacrificherei, sa­crificherei pure anche il povero Carlo che ne morrebbe, son certa che pochi giorni io potrei sopravviverglij ma fargli l'eroica azione di restare con i figli che hanno tanto diritto alle mie cure, essendo poi innocenti di tutti i miei tormenti, ma l'idea che restando nel presente stato, io dovrei ricomieiare a convivere con mio marito, dar la vita ad altri infelici che forse avrei poi il dolore di perdere come per il passato, do­vere essere la schiava in casa, giacché Dionisio vuole in tutto coman­dare solo, per non fare che sciocchezze e stravaganze, ah ! a questa idea mi è impossibile il restare, abbandonare l'uomo che tanto amo da cui sono tanto amata! E' la sola gioia che gusteremo non fosse che per pochi giorni, il vederci vicini l'uno all'altro senza che alcuni sguardi impor­tuni ci osservino, potere liberamente comunicare le nostre idee che sempre si sono trovate sì conformi ! è impossibile potere esprimere ciò che io provo a questo solo pensiero.
Son sicura di essere da tutti condannata, ma io li compiango, giac­che essi non potranno giudicare di un sentimento che forma la mia esi­stenza.
Quando i parenti della Di Lorenzo ricevettero questa lettera, ella ormai già navigava lontano con il suo Carlo. Il marito, lo zio ed 41 fratello dì lei, quantunque avessero cercato in tutti i modi di tentare che la transfuga ritornasse al tetto coniugale, non poterono riuscire nell'impresa. Gli amanti, che avevano atteso per tanti anni la loro felicità, ora. se la godevano con gioia piena e con frenesia. A nulla erano valsi i disagi e le disavventure, la miseria che li aveva torturati in Londra, la prigione sofferta a Parigi.
Quest'attesa lettera della Di Lorenzo, che segue, è di un tempo iji (-ni, non si è aucora sopito minimamente il fuoco della loro passio­ne, B la donna disgraziata si dibatteva in tanto tra la gioia del suo grande amore ed il tormento di non veder rlconoscinta dai suoi fa­miliari la santità di questo i