Rassegna storica del Risorgimento

GIBUTI
anno <1934>   pagina <78>
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78 Angelo Piccioli
L'impresa eritrea fu compiuta quando il popolo italiano non era ancora politicamente formato. E quelle nostre prime campagne coloniali che, nonostante gli errori e le sfortune, furono sempre gloriose misero in luce la immaturità politica del nostro popolo, approfondirono l'abisso fra governanti e governati, e dettero esca ed incentivo a quello spirito settario veramente iniquo per cui si può desiderare la sconfitta e il diso­nore del proprio paese pur di abbattere un avversario politico.
Crispi solo osò affrontare la realtà, senza esitazione, senza tremito, nulla perdonando al secolo codardo, solo, implacabil­mente solo, gridando la sua angoscia ed armando il suo sdegno solitario della volontà più superba ed ostinata.
Invettive, abbandoni, ingratitudine, scandali cercarono in­vano di seppellirlo sotto valanghe di odio e di fango. Gli si avventarono contro, come cani famelici, il Parlamento, il Paese, la Chiesa. Ma egli raddoppiò i colpi diritti e inesorabili: e poiché sentiva che in lui si minacciava lo Stato e che nella dia­triba si mirava inconoclasticamente alla Nazione, gli sorrise la dittatura, nell'intento di avvicinare Monarchia e Popolo e di stringere nel pugno il Parlamento disorientalo. E la avrebbe attuata implacabilmente, la dittatura, poiché così esigeva la logica della sua concezione politica, se d'un tratto non fosse precipi­tato sul suo capo di lottatore il macigno della disfatta di Adua.
Così fu sommerso in una irreparabile notte il suo eroismo spirituale che inutilmente aveva tentato di adergersi sulle plebi scoraggiate.
Solo oggi, solo oggi che il Fascismo, valendosi della fede e dei sangue, ha trasformato "Iftefcrigo del Parlamento e i ludi delle conventicole in fasci di combattimento, e gli accidiosi ozi delle taverne in corporazioni ed in legioni armate, solo oggi il glorioso vegliardo è placato nella sua tomba!
La sua parola è stata raccolta dalle nuove generazioni.
E se oggi il Fascismo accetta temporaneamente lo stato di necessità creato al popolo italiano dall'egoismo delle plutocrazie straniere, lo accetta non come una condanna, ma come una promessa. Ed in nome delia civiltà millenaria di nostra gente, in nome della forza che è nella giovinezza della nazione, in nome del sangue profuso per ogni terra dai suoi lavoratori, dai suoi eroi, fiÉ suoi martiri, il Fascismo rende grazie a Dio di questa promessa, e giura a sé stesso di assolverla.