Rassegna storica del Risorgimento

GIBUTI
anno <1934>   pagina <88>
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88 Angelo Piccioli
Ripetiamo qui solo e lo ripetiamo unicamente perchè aoltr'Alpe c'è ancora chi si ostina a dimenticarlo che l'Italia ha nel suo attivo assai pia, staremmo per dire, che la sua stessa guerra il grandissimo valore politico della sua crisi di neutra­lità e di intervento, che altro non fu se non la vera e propria crisi di nascita della nuova Europa che toccò a lei di portare per nove mesi nel suo grembo fecondo.
Passando, in quei nove mesi di travaglio, per ponderata deci­sione, da un aggruppamento politico ad un altro, e intendendo, con ciò, di liberare per sempre il suo piede da catene che l'av­vincessero ad alleanze obbligatorie, l'Italia entrò unico neutro necessario in guerra, come equilibratore prezioso e necessario del conflitto. E decise, sin da allora, delle sorti dell'immane conflitto.
Ecco la massima tavola del nostro diritto.
Ma poi, venne la guerra, la guerra da noi così validamente e fermamente combattuta. La rievocazione della guerra italiana e dell'eroismo degli italiani durante la guerra ha detto Benito Mussolini recentemente (3) appartiene alla storia e all'onore del popolo italiano ; ed ...è diretta contro co­te loro che hanno cercato di dimenticare o di diminuire il sacri-te ficio volontariamente assunto dall'Italia, dopo essere stati sal- vati, e, comunque, potentemente aiutati .
Ciò che di reale ciascuna Potenza coalizzata aveva portato come contributo alla guerra comune, e che gettava come suo peso nell'equilibrio della pace, ciò insomma che ciascuna Potenza rappresentava di utilità e di necessità per la stabilità e la ga­ranzia dell'assetto futuro, doveva avere, per le altre, e per cia­scuna delle altre, valore di scambio e di compensazione più che sufficiente unico sufficiente anzi per quei rimaneggiamenti o sacrifìci che sarebbe stato necessario imporsi fuori d'Europa per costituire la nuova Europa.
Cessato il clamore delle armi, l'Italia doveva ben a diritto attendersi che la pace restaurasse definitivamente quella sua funzione coloniale a cui il nostro Paese era chiamato dalla sua costituzione demografica, dal suo sviluppo industriale, e più di tutto dalla sua tradizione secolare, dalla sua storia.
(3) Nella prefazione al volume del Gen. A. ALBERTI, Testimonianze straniere nulla guerra, italiana 1915-1918, Roma 1933.