Rassegna storica del Risorgimento

GIBUTI
anno <1934>   pagina <118>
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118 Angelo Piccioli
tarsi a veder ulteriormente compromessa e intralciata, senza veder con ciò frustrati gli scopi essenziali della sua stessa guerra.
La coscienza politica italiana non riuscirebbe a comprendere (oggi, in tempo fascista, meno di ieri) una irragionevole osti­nazione della già alleata Francia a mantenerci inesorabilmente appuntata sul fianco pur nelle innovate situazioni politicbe generali la mortifera freccia di Gibuti, che essa altra volta fu indotta ad infliggerci in forza dben diverse situazioni e reci­proche relazioni, ora superate.
Per la Francia, il problema, posto nella sua nuda essenza, è semplicemente questo: occorre che essa si decida fra un van­taggio contingente, quale sarebbe quello di continuarsi ad inge­rire nel settore dell'Africa orientale, e un vantaggio storico, quale sarebbe, per essa, quello di comporre il suo gran dissidio con l'Italia. Abbiamo detto storico: invero, nessuno può revo­care in dubbio che lo abolire la perpetua controversia con l'Italia controversia originata solo da fatti coloniali signi­ficherebbe, per la Francia, assicurarsi un vantaggio politico di storica importanza.
I nostri cugini d'oltr'Alpe non dovrebbero troppo dimen­ticare che fu Voccupazione di Tunisi a gettarci per oltre tren­tanni nella triplice alleanza. E dovrebbero riflettere seria­mente riflettere che questo recente passato ha un formidabile valore di minaccia per il prossimo, per l'imminente avvenire. Specie ora : ora che l'Italia, superati per sempre gli infantilismi e le aberrazioni della politica demagogica, ha finalmente recu­perato sorto la guida lungimirante di Benito Mussolini la sua realtà storica : e cioè il senso e la capacità costruttiva del­l'impero.
Se per Enrico IV, Parigi ce valeva bene una messa , per la Francia d'oggi l'amicizia dell'Italia e la garanzia di pace europea che immediatamente ne scaturirebbe, può ben valere la spon­tanea, leale rinunzia ad una lontana, e del resto di ipotetico valore, mira politica.
Ci pensino i nostri cugini d'oltr'Alpe. Essi non ricordano, o fan finta di non ricordare, la grossa questione di Gibuti. La ricordiamo noi; la ricorderemo noi. Per sempre. Finché non sarà risolta.
Quanto e come essa sia presente alla coscienza nazionale, è dimostrato da quel che si stampa e si dice da noi.