Rassegna storica del Risorgimento

QUESTIONE ROMANA ; MENABREA LUIGI FEDERICO
anno <1916>   pagina <77>
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igiene fece solenne elogio, che il fratello Menotti disapprovava que' fatti, ma venne sabito dallo stesso Menotti una violenta smen­tita al Ministro. In ogni modo a nulla giovarono le sommosse, troppo radicata essendo generalmente la riconoscenza alla casa di Savoia, e 1 medesimo esito ebbero altri piccoli tumulti (12 mag­gio) a Volterra, Lucca e Sarzana (5 giugno) ; furono requisite armi presso Tortona, la guardia nazionale cooperò validamente alla re­pressione con la pubblica sicurezza e Giuseppe Mazzini, che ve­gliava nel Oanton Ticino, espulso dal Governo federale, meditò un ultimo colpo di mano, dopo essere penetrato di nascosto a Genova, sa la Sicilia. Ma la polizia di Palermo se ne impadronì facilmente. ancora prima ch'egli sbarcasse, e lo mandò a cortese prigionia in una delle fortezze di Gaeta.
Questa esposizione era utile per chiarire una delle cause, che tennero in Italia il Governo sempre più intento alla questione ro­mana, la cui soluzione doveva parere il miglior modo di porre an termine all'anarchia, alle aspirazioni mazziniane, alle intem­peranze garibaldine e popolari* Il 28 marzo, nel primo periodo de' disordini provocati da' Repubblicani, l'onorevole De Boni in­terpellò il Visconti Venosta circa il pensiero e l'azione del Go verno rispetto al Concilio e dal Ministro gli fa esaurientemente risposto tra quasi generali approvazioni: essere stato in animo dell'Italia, al principio del Concilio, di lasciare piena libertà a7 pre­lati, che si avviavano a Roma, non reclamando per l'elemento laico e per lo Stato una speciale rappresentanza in quell'assemblea; ma all'ugual modo l'Italia alla sua volta non avrebbe mai tollerato alcun sopruso dell'autorità ecclesiastica e intendeva osare delle leggi esistenti per proteggere i princìpi del suo diritto, gl'inte­ressi della Nazione, le istituzioni stesse. Noi dobbiamo, sog­giunse il Visconti Venosta, aspettar le deliberazioni dei Concilio in casa nostra; e se talune di esse si traducessero in atti contrari alle nostre leggi, reprimere questi atti. Allora lo Stato senza spirito d'ira, senza spirito di rappresaglie, ma con fermezza, troverà la sua naturalo difesa nelle leggi medesime . 33 ancor più chiaramente : I cittadini italiani, che appartengono alla Chiesa, qualunque sia la loro condizione, dovono essere protetti dal diritto comune . Parteci­parono alla discussione, col De Boni, i dopatati Miceli, D'Oades Reggio, Macchi, Oivinini, Boncompagni e Ferrari, il quale ultimo aveva presentato ano strano ordine del giorno: La Camera, nulla earandosi dell'infallibilità del Papa, passa all'ordine del giorno,