Rassegna storica del Risorgimento

UNGHERIA
anno <1935>   pagina <112>
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112 Appunti e Notizie
E dunque per la resistenza di Maddaloni, che fu possìbile quella azione strate­gica dei generali Tiirr e Medici sulla linea Caserta-Capua- che si concluse colla vittoria di Ponte della Valle e col prendere prigioniera quella truppa borbonica che aveva baldanzosamente marciato su Maddaloni, chiudendone la ritirata verso Capua. Sacrificio d'uno stoico: fuso coli*ideale pel quale combatteva: temprato dalle sofferenze trascorse: educato al volere, preparato al saper volere. Seppe e volle resi­stere a quelle, che è facile concepire quali fossero umane sofferenze, poiché la chiara concezione della gravità del momento, imponeva la sua presenza fra le sue truppe. E ristette, e sospinse, e convinse colla voce, coll'azione, fino a quando, impedito di rimanere in sella, cadde, e a viva forza fu tratto ad un posto di medi­cazione. Nota Bovo d'Antona in una conferenza comparsa sul Giornale del Soldato del 10 novembre 1907:
al chirurghi operarono la gamba ferita. Non si accorsero però di un piccolo straccio che s'era cacciato con la palla. Sopravvenne il tetano e la gamba dovette essere amputata .
Garibaldi a conoscenza dell'avversa sorte che aveva colpito questo prode suo colonnello, scriveva da Caserta:
Caro colonnello Dunyov,
a Ad uomini come Voi non bastano elogi. Per parie mia desidero soltanto che a prò1 della vostra e della mia Patria, sia conservata la preziosa vostra vita al nostro a affetto, alla nostra gratitudine.
Sempre vostro G. Garibaldi .
E aveva ben ragione il generale ! Ad un uomo al quale a tre giorni di distanza dalla battaglia del Volturno era stata offerta un'importante missione in Oriente e che aveva rifiutato per rimanere fra le sue truppe; ad un uomo che non aveva solo addestrato, ma pure provveduto con mezzi propri, al suo reggimento, e che al Re Vittorio Emanuele, che al suo capezzale di ferito gli offriva un largo compenso in denaro, rispondeva, rifiutando recisamente, giudicare semplice dovere il concor­rere con il proprio sangue e con i propri averi alla redenzione d'Italia, sua Patria d'elezione; ad un nomo che allontanandosi dall'ambulanza, sorretto dalle stam­pelle, rivolgeva al suo reggimento un saluto cosi concepito: Sono dolente di non potervi dirigere personalmente questo addio, e stringervi la destra come vorrei e dovrei, o miei bravi compagni d'armi ! e che a conforto di quell'arto che aveva lasciato combattendo per la nostra causa, concludeva: Fra noi, Italiani ed Ungheresi, esiste un legame di fratellanza che non potrà essere sciolto giammai: e qualunque sieno le vicende che ci attendono nel vario e rapido corso di questa nostra esistenza, io spero, che non sarete per dimenticarmi, come sarà indelebile in me la stima e l'affezione per tutto questo Reggimento che io ebbi la bella sorte di comandare; ad un uomo di tale tempra, scriveva a ragione Garibaldi, non bastano elogi.
Si ritrasse, quasi a romitaggio, meditando sulla sorte della sua Ungheria. Fedele ai suoi principi, ancora seppe e volle resistere al richiamo della sua terra, poiché il rivederla significava beneficiare di una amnistia, e rendere atto di sommissione allo Imperatore*
Poteva un uomo di tanta fierezza, compiere tale atto ?
A conforto del suo soffrire era una attiva corrispondenza col generale, che sem­pre lo tenne in grandissimo pregio: ed il maggiore dei conforti, certo, era il pensiero di rendersi ancora, per quanto mutilato, utile ai suoi compatrioti, traducendo in magiaro quei libri, ch'egli pensava potessero giovare alla loro cultura.