Rassegna storica del Risorgimento

1836-1840 ; TOSCANA ; CENSURA ; GUERRAZZI FRANCESCO DOMENICO
anno <1935>   pagina <135>
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Resoconto del XXII Congresso 135
conseguito confine del Quamaro e del Brennero: Voi, o convenuti a questo Congresso, tra cui mi è caro salutare carissimi e illustri amici, cui mi legano antiche e fraterne consue­tudini, di lavoro e di studio, Vi sentite unanimi nel concepire la Storia del Risorgi" mento come storia di un processo, che, lungi dalVessersi comunque terminato e concluso con. la formazione e il consolidamento delVunità statale, prosegue con rinnovata energia di fede volonterosa e operosa verso una meta che non è ancora raggiunta ma che è quella stessa, in virtù, della quale il Risorgimento fu nei suoi primordi iniziato. Perchè il Po-polo italiano conquistò a sé stesso attraverso decenni di prove, di sacrifici, di esperienze spesso dolorose e cruente, la propria indipendenza e unità e si affermò un giorno di fronte all'Europa e al Mondo uno Stato fra Stati? Che cosa era destinato a significare per la prossima e futura storia degli uomini civili, Vavvento nel consorzio degli Stati già esi-stenti di questo nuovo Stato, il cui popolo ha ricevuto da Roma la vocazione a non poter essere, tra gli altri popoli, indipendente e signore di sé, se non a patto di esercitare nel nome di Roma, una azione di egemonia spirituale sul mondo? La prima Italia, VItalia di Roma repubblicana e imperiale aveva improntato del proprio spirito la Civiltà del­l'Occidente, tuttora, dopo tanto volgere di secoli, imperniata, come intorno a piloni in* frangibili, sui presupposti e le basi datile da Roma; la seconda Italia, VItalia del me­dioevo, del Papato e del Sacro Romano Impero aveva da Roma cristianizzato il Mondo civile fondendolo nella granitica unità religiosa del cattolicesimo romano.
Quale nuova parola stava per dire agli uomini, quale nuova impronta si preparava ad imprimere sulla Civiltà moderna la volontà di questa terza Italia, repentinamente e pressoché miracolosamente ricomparsa dopo secoli di disgregazione e di servaggio, a pretendere e ad affermare il proprio diritto di esistere e di agire come volontà di Stato sovrano fra Stati sovrani?
Non ho bisogno di ricordare la risposta che Quintino Sella, uno degli artefici pia attivi e più puri del nostro Risorgimento, dette al grande Mommsen che gli obiettava che a Roma non si sta e non si vive se non in nome di un'idea universale, che VItalia pre­tendeva entrare in Roma per contribuire mediante la raggiunta unità al progresso della scienza; che è proprio quella forma di attività universalistica astrattamente concepita in servigio della quale non era mai mancato, sia pure spesso ad esclusivo vantaggio di civiltà straniere, l'iniziativa e il contributo fecondo del genio italiano anche quando, come nel 500 e nel 700, il popolo italiano, era pur sempre servo e deriso. Questa risposta è più che sufficiente a documentare, come a torto gli stranieri sentissero, alla vigilia del­l'ingresso degli Italiani in Roma, preoccupazione per un improvviso affacciarsi di una iniziativa italiana comunque diretta a influire sulla Civiltà Europea, come cioè la terza Italia sia nel 1870 entrata in Roma senza avere coscienza di alcuna idea concreta e uni­versale a lei originalmente e spontaneamente propria, che la conquista e riconosciuta unità statale le garantisse e prestigio e forza bastevole ad affermare e a diffondere, da Roma, nel mondo*
È necessario dire che oggi qualunque incolto e ingenuo cittadino italiano, qualun­que giovane avanguardista troverebbe senza difficoltà la risposta da dare alla domanda rivolta dal Mommsen agli Italiani del 18/0: in nome di quale idea universale, essi pre­tendono parlare da Roma agli altri popoli? Questa idea è il Fascismo: il Fascismo, in virtù del quale il Popolo Italiano ha riassunta la funzione di popolo iniziatore e media­tóre di un nuovo tipo di Civiltà unitaria in una Europa disorientata, disgregata e di­scorde. Perchè l'Italia del 1870 e VItalia di oggi, è passata dopo i lunghi decenni di smar­rimenti e di oblìi, la guerra vittoriosamente combattuta e conclusa. E la vittoria, mentre da un lato portando i confini dello Stato unitario ai termini segnati, sin dai primordi del Risorgimento, del Quamaro e del Brennero, riaprì di fronte alla coscienza degli Italiani i problemi della indipendenza e della unità quali il Risorgimento li aveva originalmente concepiti e posti, quali l'Italia parlamentare li aveva, dopo la morte di Cavour, lasciati insoluti, o si era illusa di risolverli, risolvendoli in modo puramente esteriore e formale, nel­l'atto stesso che ne sentiva nel consapevole orgoglio della durissima esperienza eroicamente