Rassegna storica del Risorgimento
REPUBBLICA ROMANA (1849) ; CHECCHETELLI GIUSEPPE
anno
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1916
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pagina
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197
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L'albo dei patrioti 107
doloroso a dirai è questo, ohe colorai quali avevano più il dovere, e dirò pure V interesse di sostenerlo, molti degli antichi amici e fratelli politici, il Governo che fu detto dei moderati, il suo partito a cui tutto sacrificò, noi fecero e dettero soltanto prova della più nera ingratitudine, della più insigne codardia.
Ma torciamo lo sguardo da tanto indegno spettacolo, e torniamo a rivolgerlo, riconfortandoci, nella virtù di colui, che di virtù patriottiche e civili fu, vivendo, l'esempio. Egli fu veramente di quella schiera ohe hi tempi disperati non perdettero ma gelosamente alimentarono le fede nei destini dell'Italia; egli fu di quelli che nella pura illibatezza dell'animo la immaginarono libera, virtuosa, forte, ordinata. Indipendente e libera la vedemmo, e lo è: virtuosa, lo fu almeno durante la generazione che soffrì e combattè per Lei; Dio faccia che le generazioni posteriori non sieno almeno inferiori alla nostra, e che i trionfanti non riescano meno forti e retti che i sofferenti : ordinata e forte, ahimè ! vorrei dirlo : ma sino ad ora noi posso; vedo invece che si coltivano e si aizzano le cupidigie immonde, la sete dei guadagni, le basse passioni e le invidie delle plebi: vedo il Governo affannarsi se stesso e seal-zare le proprie basi e le basi dell'ordine politico e civile, vedo moltiplicarsi le nullità ambiziose, diminuire ogni dì l'entusiasmo, la fede, lo spirito nobile di sacrificio. Dio salvi l'Italia I Dio fàccia che almeno dalle ossa e dai sepolcri di quelli, che come il compianto nostro amico, consacrarono ad essa l'ingegno, le forze, la vita, sorga la voce potente che ci riconduca sulla via della virtù, dia forza alla mente, dia vigore al braccio per compiere fortemente e sempre il nostro dovere verso la Patria e verso il Ke .
Al discorso del cav.,:3teci seguì l'altro dell'aw. cav. Filippo Oagiatì:
Fra noi qui raccolti io sono forse il più vecchio amico dell'estinto, epperò credo mio dovere dire in questa pietosa cerimonia brevi parole innanzi alla sua tomba. Io lo conobbi fin dal 1840, e per 22 anni lo avvicinai continuo, finché lo strinsi fiale mie' braccia quella notte, in cui per isfttggire l'ira sbirresca egli sotto spoglie non sue, dovè prendere il cammino dell'esilio, e propugnare poi la nostra causa, i nostri dirabti a Torino, a Firenze, sia in pubblico Parlamento, sia privatamente presso quella pleiade luminosa di uomini che ci guidarono al compimento dei nostri voti.
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