Rassegna storica del Risorgimento

PIAZZA ALESSANDRO ; GARIBALDINI
anno <1935>   pagina <929>
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NotereUe epistolari di un Romano dei Mille 929
purtuttavia nel calore della sua famiglia riscalda nostalgici ricordi e propositi dell avvenire* Uomo di modesti bisogni profitta del suo lavoro per accantonare risparmi e spedirli di quando in quando ai geni­tori ed ai fratelli bisognosi, e, forse, nemmeno politicamente tranquilli per sospettate intese con l'esule che, nel suo spirito in fermento, attende l'occasione per darsi nuovamente alla causa rivoluzionaria che ribolle qua e là per la penisola.
Egli rappresenta una di quelle unità disperse su tutti i lembi d Italia che nel cinquantennio insurrezionale furono attratte da nuovo spirito all'amore della libertà, mentre il desiderio, il sogno, la spe­ranza le trasformò qualche volta in palesi eroi taTaltra in modesti gregari sempre sotto la legge del dovere e del sacrificio.
Dico qui per incidenza che queste anime occorrerebbe ritrovare nel folto addensamento anonimo che incalzò le schiere del Risorgimento a luminosa conferma della partecipazione del popolo al Risorgimento stesso.
-Tornando alle note epistolari del Piazza, non ho che da trascri­vere nel loro stile sciolto, e deliberatamente scevro di riguardi, una delle tante lettere ricche di episodi mal noti ed assai significativi riguar­danti la strategia garibaldina lungo il viaggio avventuroso, durante il diversivo di Talamone, e fra alcuni di quegli ambienti paesani man­canti di clima patriottico, che posero ostacoli non indifferenti al corso della Spedizione.
Sulla Colonna Zambianchi, sull'apporto dello Sgarallino di Livorno e su alcune vivaci polemiche accese intorno ai due nomi il Piazza fornisce lumi e valide testimonianze sul cui valore varrà la pena di intrattenere lo studioso, ma, di questo, scriverò nuovamente e fuori del tema oggi propostomi, per adesso trascrivo la lettera dafea 28 gen­naio 1862 da Genova.
Cari fratelli,
Mi sembra d'aver lasciato la precedente al punto dell'imbarco a Quarto sul piroscafo Piemonte, e fu la mattina del 5 maggio 1860. Principiammo col mare cattivo che ci accompagnò fino all'appoggio di Talamone in Toscana. Là ci trattenemmo due giorni, al terzo giorno il Generale disse che gli servivano cinquanta uomini per entrare nello Stato Romano a iniziare la rivoluzione. Potete considerare che appena intesi nominare lo Stato Romano fui uno dei primi ad offrirmi. Infatti ci radunammo in cincraantaquattro e partimmo per la via di terra mentre il Generale con gli altri ripresero il viaggio per la Sicilia.
Giunti che fummo alle Grotte di Castro e appena iniziato il bivacco ci assalirono improvvisamente un centinaio di gendarmi a cavallo del Papa e immaginate voi quale massacro poteva nascere. Ma la fortuna volle che noi più svelti ci sapemmo difendere e non avemmo che sette feriti uno dei quali morì ventidue giorni dopo,
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