Rassegna storica del Risorgimento
BUONCRISTIANO VINCENZO ; IANNARELLI GENNARO ; FRANCO ANTONIO ;
anno
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1935
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pagina
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950
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950 Libri e periodici
allo straniero quanto dopo il compimento dell'unità la parte avuta dalla penisola nelle vicende orientali è quasi sempre stata rilevante e non è possibile trascurarla o svisarla La parte avuta da Venezia, ancora sul cadere del sec. XVII e nei primi anni del sec. XVIII, merita giustamente un rilievo più marcato di quello fatto, ad es. dal Driault*, cosi come l'importanza dell'azione italiana nella Questione d'Oriente dallo scorcio del secolo scorso allo scoppio della guerra mondiale, ad es. nel problema delle riforme in Macedonia nel 1904-05, o nel conflitto per lo sbocco della Serbia sull'Adria tico sul finire del 1912 (già trattati dal Silva nella sua nota opera sul Mediterraneo, ma più in funzione di questo che della questione orientale) merita indubbiamente, come risulta dai documenti diplomatici tedeschi, russi, inglesi, francesi, austriaci e serbi e come risulterà ancor meglio dai documenti italiani quando verranno pubblicati, una trattazione meno sintetica e più obbiettiva di quelle compiute dai su citati manuali stranieri.
Con tale scopo che soddisfa nel tempo stesso una necessità scientifica ed un giusto sentimento di orgoglio nazionale il Cognasso pubblica questo primo volume ralla Questione d'Oriente, frutto di lezioni tenute per due anni consecutivi all'Istituto Superiore di Magistero di Torino.
Nel circoscrivere l'opera nel tempo e nello spazio l'A. ha tenuto un criterio altamente lodevole.
La Questione d'Oriente, come è comunemente intesa, non ha inizio che col decadere dell' Impero Turco, dal sec. XVII in poi, quando lo sfaldamento della potenza militare ottomana pone il problema della spartizione dei territori dell'Oriente danubianobalcanico, apre un nuovo campo alle rivalità delle Potenze europee e, più tardi, solleva la questione delle nazionalità oppresse.
Pertanto il C. giustamente accenna per sommi capi (pp. 112) alle vicende che vanno dalla battaglia di Kossovo (1389) alla battaglia di Vienna (1633) entrando nel vivo dell'argomento colla guerra di riscossa dei Turchi che porta invece alla loro disfatta militare sanzionata dal trattato di Passarowitz (1718). Tutto quanto precede l'invasione turca nella Penisola Balcanica è stato giustamente tralasciato: il sorgere e il decadere dell'Impero Latino o la presa di Bisanzio da parte di Pausania (476 av. Cr.) sono indubbiamente una questione orientale per noi, popoli all'occidente della Grecia, ma non hanno nulla a vedere colla Questione d'Oriente. Questa verità lapalissiana, riconosciuta anche dal Driault (p. 2 de La Questìon d'Orlerà depvxs ses orìgines jusqu? à la paix de Sèvres) non ha impedito a quest'ultimo di dedicare numerose pagine ai Bizantini o alla politica di Francesco I verso Solimano.
Questo per il tempo. Pure per lo spazio il C. ha evitato di cadere nell'esagerazione, pure commessa dal Driault, di voler includere nella trattazione questioni orientali che non fanno parte della Questione d'Oriente. Rientrano infatti in questa soltanto i conflitti tra le Potenze europee, gli Stati successori dell'Impero ottomano e la Turchia intorno a quei territori che soggetti direttamente o indirettamente all'Impero turco, per l'indebolirsi di quest'ultimo vengono ceduti ad altre Potenze o se ne staccano. Quindi niente trattazione della penetrazione inglese in India o dei conflitti angloafgani, come pure nessuna trattazione dei conflitti per la penetrazione nell'Africa equatoriale o mediterranea, perchè esulano dal quadro della Questione d'Oriente, escluse beninteso le crisi turco-egiziane del 1831-32 e del 1839-41, che il C. tratta anzi ampiamente e compiutamente (pp. 100-135) perchè l'intervento delle Potenze europee mutò il problema da locale in generale ed ebbe come risultato i trattati di Unkiar Skelessi e di Londra che diedero temporaneamente una nuova fisionomia alle influenze degli Stata del Concerto europeo sulla Turchia, risollevarono la questione dell'integrità dell'Impero Ottomano e crearono quella base giuridica che legittimò l'intervento franco-britannico del 1855. Ed anche le questioni di Tunisi e dell' Egitto (1882) fanno eccezione alla esclusione (pp. 347-384) perchè strettamente connesse al Consiglio di Berlino e quindi alla Questione d'Oriente.