Rassegna storica del Risorgimento
BIBLIOTECHE ; FRANCESCO II RE DELLE DUE SICILIE
anno
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1936
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pagina
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117
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LIBRI E PERIODICI
C. MAJSUNTA BRUNO Una Regina e il Confessore. Lettere inedite di Maria Clotilde di Francia Regina di Sardegna, all'ex Gesuita G. li. Senes (1799-1802), pubblicate con documenti e diari inediti, Firenze, La Nuova Italia, 1935-XII1, in-, pp. 493.
La diffidenza che auscita il solo titolo di questo libro è, per il lettore; pienamente giustificata. Da un lato chi credesse trovare piccanti episodi di vita di Corte, e di sagrestie più o meno politiche, cioè di quel dubbio genere di letteratura pseudo storica messa in voga dei vari dottor i Cabanès, resterebbe deluso, dall'altro chi si attendesse importanti e seri contributi scientifici alla conoscenza di un periodo complesso e di personaggi che agirono in primo piano, troverebbe un modesto materiale di scarso interesse, diluito e intercalato da un commento prolisso in quasi cinquecento pagine inspirate a pochi ricorrenti ritornelli.
Diciaaette brevi lettere inedite, indirizzate dalla pia Regina Maria Clotilde al suo confessore il padre G. B. Senes, ex gesuita di modesta fama (1734-1815) , durante l'esilio sardo nel periodo dal 1799 al 1802, costituiscono la trama di una diffusa narrazione del contegno dei Reali di Sardegna dopo l'invasione francese del Piemonte.
La più insistente e petulante denigrazione di un Re, Carlo Emanuele XV di Savoia, quasi sempre ammalato, posto di fronte, inerme e debole, ad avvenimenti terribili politici, militari, sociali, di carattere europeo e di una Regina Maria Clotilde di Borbone, come il marito, e forse più di lui, rivolta per disposizione innata di animo, a concezioni e pratiche ascetiche, rappresentano il contenuto del volume. Nessuna qualifica ostile e pungente, senza generosità ne giustizia, è risparmiata ai due infelici e specialmente alia Regina per l'uso, nelle sue lettere, di un fervoroso quanto Innocuo stile, caro e consueto alla mistica dell'epoca e all'ambiente monastico che era da Lei frequentato. Queste lettere non sono prive di qualche notizia politica durante il pellegrinaggio doloroso compiuto per le varie città italiane nella speranza del ritorno in Piemonte. Notizie e considerazioni politiche, peraltro, di modesto rilievo e del tutto ovvie poiché non deve apparire nel quadro generale della storia un affare di spropositata importanza, come pare al Manunta, il richiamo frequente ad uno degli obicttivi dell'attività della travagliata coppia reale, il ristabilimento cioè della Compagnia di Gesù, allora da pochi anni soppressa dal Pontefice, ma già in via di ricostituzione.
Queste lettere potevano senza grave danno per la storia rimanere inedite o trovar posto in qualche più o meno inaccessibile pubblicazione locale. Esse, ad ogni modo, avrebbero costituito e costituiscono, tutt'al più, un nuovo apprezzabile apporto al finora sospeso processo di canonizzazione della Venerabile Maria Clotilde per dimostrarne sempre più la profonda e del resto nota religiosità e lo spirito di sacrificio. Noteremo a questo proposito che l'espressione indifferenza , che serve di pretesto all'autore per tanti giudizi malevoli, era una parola comunissima nel gergo mistico del '700, specialmente francese, influenzato anche da orientamenti giansenistici: Luca a non lucendo nel caso della Regina.
Secondo la mentalità di cui sembra imbevuto il Manunta, queste lettere costituiscono invece un grave capo di accusa contro i Sovrani per una critica serrata o piuttosto per un ingigantito pettegolezzo steso in un enfatico quanto postumo tono moralistico. Non cosi si medita e si scrive la storia ora che vogliamo sgombrare il campo da vecchie e nuove influenze settarie e anticlericali da incartapccoriti schemi demo-massonici, dalla immaturità infantile e per non dire dall'assenza di pensiero, dall'agiografia e dal libello polemico, dall'angustia infine, di una malintesa visuale particolaristica e regionalistica.
Poiché un altro difetto di questo libro l'insistenza di un superato motivo: quello sardo. Anziché trovare una nuova gloria per la forte isola nell'ave? rappresentato il fedele baluardo della vecchia gloriosa Dinastia regale sabauda spogliata del suo Piemonte, quasi la vera Italia sottrattasi alla dominazione francese e alle mene di certiillusi e sedicenti patrioti . si fosse rifugiata in Sardegna, l'autore non trova che ingiustizie, cattiva amministrazione, incomprensione