Rassegna storica del Risorgimento
BIBLIOTECHE ; FRANCESCO II RE DELLE DUE SICILIE
anno
<
1936
>
pagina
<
127
>
Libri e periodici
127
Ma altre cose urgevano frattanto: la spedizione dei Mille. Il Bottero apri allora una sottoscrizione BUI giornale, mentre proprio a lui da Cavour venne affidata una delicata missione presso il Dittatore, quella cioè di provocare, dopo che Garibaldi aveva passato lo stretto, la pronta annessione e di portare un nucleo di forza pubblica e di denaro al prodittatore De Pretis.
Bottero fu pure inviato nella provincia di Aquila nel 1861, come ispettore del Governo e si ebbe per questo dal Re un particolare elogio.
Grande lutto fu per la Gazzetta e per Bottero la morte di Cavour.
G. B. Bottero subentrò ai suo posto nel Parlamento Nazionale, e del Cavour continuò il programma che era Senza Roma, capitale d'Italia, l'Italia non si può costituire . La Gazzetta allora non ebbe che un programma Roma e ciò egli potè proclamare sul giornale in occasione dei moti ostili alla convenzione, che Torino avversava non per ragioni municipali, ma perchè la riteneva funesta all'Italia.
Anche in quel momento pieno di sfiducia per le nostre condizioni finanziarie che culminò nel 66, il Bottero portò la sua parola, attraverso le colonne della Gazzetta, lanciando l'idea di un Consorzio Nazionale per pagare i debiti. Ma ciò che urgeva sempre, specie dopo l'annessione di Venezia, era Roma.
E Bottero riprese la campagna sul giornale. Decisa fu l'opera svolta da lui a favore della spedizione di Mentana. Protestò contro l'arresto di Garibaldi ; apri una sottoscrizione per i volontari. L'opera della Gazzetta fu in questo momento piò. che mai intensa.
Presa Roma nelle successive elezioni politiche il Bottero fu battuto dal Sella. Ma non se ne adontò. La sua tribuna era la stampa. Ora c'era una missione di educazione popolare da svolgere. E, salito Crispi al potere, Bottero lo appoggiò con tutte le sue forze.
Col suo giornale intanto seguiva le nuove generazioni, combatteva il socialismo, sebbene egli fosse disposto ad ogni benefica riforma sociale, difendeva i diritti dell'Italia in Africa e la politica di Crispi sostenne fino all'ultimo, perchè sola a resister fra la meschinità degli nomini politici e quella della classe dirigente.
FRANCESCO FATTORELLO
GIUSEPPE WALTER MACCOTTA, Guglielmo XI, la Germania e l'Europa. 1888-1914; Roma, Tip. Regionale, 1934-XII, in-8, pp. 302.
È noto quanto diffusa sia la vecchia opinione che fa della Germania la responsabile della Guerra mondiale, come lentamente si diffonda la verità e come a quest'opera si sia dedicata un'intera schiera di studiosi di tutti i paesi del mondo. Questi studiosi sono in Italia meno numerosi che negli altri paesi e pertanto fa piacere il constatare che un giovane, il Maccotta, si sforzi di portare il suo contributo a quest'opera di verità.
D libro del M. vuole essere una rapida sintesi della storia europea dall'avvento al trono di Guglielmo II allo scoppio della guerra: compito arduo il rivivere un periodo così tormentato, ricco di avvenimenti e di battaglie diplomatiche; terreno insidioso e scottante sul quale è difficile l'avventurarsi. H nostro A. ha da questo punto di vista superato le grandi difficoltà che l'attendevano perchè ha saputo mantenere una imparzialità di giudizio encomiabile e si è sforzato di giudicare l'azione delle varie Potenze europee senza lasciarsi sedurre dalle tesi estremiste antigermaniche o antiintcsiste. Per il M. la Germania e l'Inghilterra (oltre l'Italia, il che è fuori discussione) furono gli Stati che meno vollero la guerra e benché entrambi formalmente aggressori, combatterono effettivamente per hi loro difesa (p. 254). La Francia, la Russia e l'Austria-Ungheria sono invece, per il nostro A., le Potenze più direttamente responsabili dello scoppio del conflitto; ma egli nega la responsabilità diretta di questo o quello uomo (p. 279) per concludere che dinanzi a così grandiosi avvenimenti di portata mondiale, che rappresentano una svolta decisiva della Storia, non si può assolutamente parlare di responsabilità di una Nazione, di una classe, di un uomol . Mentro ci rallegriamo dell'atteggiamento del M. relativamente alla responsabilità delle Grandi Potenze (egli aderisce cosi sostanzialmente alla. tesi del Fay, a nostro avviso hi più attendibile), non possiamo aderire invece a quest'ultima dichiarazione: è infatti pacifico che se gli uomini Bono influenzati dalle circostanze, essi a loro volta influenzano gli avvenimenti e ne determinano il corso. Ma solo le forti personalità rie-cono a dominarli: i piccoli nomini ne restano travolti, e nel 1914 accadde una cosa del genere: