Rassegna storica del Risorgimento

ECONOMIA; PASCOLI LIONE ; STATO PONTIFICIO
anno <1936>   pagina <1324>
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1324 Luigi Dal Pane
Tuttavia ragioni economiche relative all'incremento della produ­zione ed esigenze riguardanti la cassa dello Stato impediscono al nostro di spingere le sue richieste uno alla totale abolizione dei dazi. Devono conservarsi per lui alcuni dazi esterni ed alcune privative. I criteri che sembrano ispirare il Pascoli in questa materia sono i seguenti: gravare i prodotti forestieri (salvo le materie prime da lavo­rarsi nel paese); colpire i generi di lusso ed esentare invece le merci di più. largo e necessario consumo.
Estimo e testatico erano tutt'altro che novità nella storia finan­ziaria; il merito del Pascoli sta nella ricerca dell'ordine, dell'unità nel sistema tributario, tant'è vero che questa tendenza riappare anche in materia di riscossione dei tributi. Qui il Pascoli si dichiara avverso all'eccessivo numero degli esattori e vuole suddivisa l'imposta in mensilità per comodo di contribuenti. Certo tale tendenza non si afferma sempre con carattere deciso: spesso bisogna scoprirla in mezzo al confuso groviglio dei suggerimenti contrastanti; ma in alcuni casi il nuovo orientamento ha riportato una netta vittoria sulle idee del passato, come nella materia doganale. Infatti il Pascoli sostiene qui l'abolizione di tutte le dogane interne e l'adozione di un'unica cinta doganale ai confini dello Stato, precorrendo cosi la riforma di Pio VI.
Sono invece di carattere puramente empirico alcune proposte del nostro relative al risanamento finanziario. Il Pascoli dà consigli per aumentare le entrate e diminuire le spese. Spesso sembra di udir parlare in lui un buon padre di famiglia, ma ciò è il riflesso delle condizioni di fatto, della vita torpida e ristretta dello Stato pontifìcio, che chiudevano l'orizzonte entro i loro ristretti confini.
C) La moneta. Lamenta il Pascoli la confusione delle monete, prodotta specialmente dal fatto che nello Stato hanno libero corso le monete straniere. Queste scacciano le monete nazionali, che vanno all'estero e qui son fuse e ribattute da altri.
Alternadosi per sì fatto sconcerto i cambi scrive il nostro rincaran i panni, e le paste d'oro, e d'argento, che vengon di fuori per battersi nelle Zec­che, e restando incagliata la fabbrica, resta lo Stato senza monete girando oggi-mai solamente le straniere, e le cedole del Banco, e del Monte, che quantunque con tutto il credito al presente non si può però sapere qua! sorte correr potranno all'avvenire. n
1) Testamento ecc., pp. 37-38.