Rassegna storica del Risorgimento

VITTORIO EMANUELE II RE D'ITALIA
anno <1936>   pagina <1345>
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Gli albori del Regno di Vittorio Emanuele ti secondo nuovi documenti 1345
si accapigliarono ferocemente. Nella Concordia del 30 marzo era uscita una Dichiarazione politica della Sinistra, firmata da 53 deputati, in cui si difendeva la deliberazione della ripresa guerra come l'unico partito a cui si potesse appigliare per uscire da quello stato d'incer­tezza funesta, di mortifero esaurimento e di agitazione dolorosa in cui l'avevano gettato i patti dell'armistizio Salasco e le illusioni sulla mediazione. La Sinistra dichiarava di avere preveduto il caso di una sconfitta ma di non avere prevista l'indisciplina e lo scompiglio di parte dell'esercito, dovuti alla preparazione di lunga mano di un tradimento fatta dai faziosi che per essa erano i codini, gli aristocra­tici, i municipali, i nemici dell'Unione sardo-lombarda. La Dichia­razione si chiudeva con una protesta contro l'armistizio di Novara, con un grido di fede attorno al motto Libertà ed indipendenza d'Italia e con un appello alle milizie nazionali.
Per il Risorgimento tale dichiarazione era impolitica perchè fomen­tava odi e rancori, accarezzava tendenze insurrezionali. H giornale sosteneva che il partito della guerra aveva sbagliato; atto preci­pitato ed imprudente era stata la rottura dell'armistizio quando il tesoro era vuoto, la diplomazia era ostile, lo spirito dei soldati avverso alla guerra. Accusava gli avversari che dopo aver spinto alla guerra, per togliersi dalla responsabilità delle funeste conseguenze, erano ricorsi all'astuzia di inventare un grande tradimento per river­sare sugli altri la colpa e screditarli. Sosteneva che colle agitazioni si recidevano i nervi all'azione del governo, si attizzava la discordia civile, si sfasciava lo Stato. Difendeva l'armistizio di Novara ma sosteneva pure la necessità di una pace onorevole. Riteneva la guerra TIn ridicolo cicaleccio quando mancavano truppe, denaro, alleanze. Tutte le sue argomentazioni erano insomma un doloroso ma pru­dente richiamo alla realtà della situazione.
Per la Concordia invece la pace coli'Austria significava un tradi­mento per l'Italia; essa nutriva sempre illimitata fiducia nello slancio nazionale e nella guerra insurrezionale. Ripetendo una frase sfug­gita allo Josti in un tempestoso dibattito parlamentare, essa tacciava gli scrittori del Risorgimento di evirati dottrinari perchè davano come perduta la causa nazionale o per lo meno ne ritenevano differito il trionfo a tempi più. maturi, perchè spargevano, secondo la Concordia la diffidenza nel paese, entravano in trattative col nemico dimostrandosi disposti ad una pace a qualunque costo, rinun­ziando così a quell'ini! uenza ed a quel prestigio morale che il Pie­monte, erigendosi a campione ed a vindice delle aspirazioni nazio­nali, poteva esercitare sull'Italia.
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