Rassegna storica del Risorgimento
1855 ; TOSCANA
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1936
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Guido Sonniiia
rinuncie del potere civile nei confronti dell'autorità ecclesiastica. ') Inoltre la sorveglianza diffidente con cui erano guardati tutti gli ex-volontari della guerra d'indipendenza che avevano militato sui campi lombardi o nelle legioni repubblicane di Roma, le vessazioni della polizia contro coloro che si erano compromessi durante il governo democratico e dopo la fuga del Granduca non avevano creduto opportuno affrontare le vie dell'esulo, il disconoscimento di ogni principio d'italianità e del segno tricolore che l'aveva espressa nel periodo della riscossa, alimentavano il malcontento anche in coloro che si erano illusi di avere bene meritato della dinastia provocando e dirigendo il movimento antiguer-razziano e invocando il ritorno deW Amato Principe. Risentimento e disgusto produceva il rinnegamento del sacrificio e dell'eroismo della gioventù toscana che sui campi lombardi avevano rinnovato le gesta dei difensori della libertà fiorentina del 1530 e riscattato la Toscana dalla taccia d'imbelle che le avevano acquistato tre secoli di rinuncia ai cimenti delle armi. Non potendosi cancellare la memoria negli animi dei concittadini, per disposizione governativa si coprivano prima e trafugavano poi le tavole che ne trascrivevano i nomi, ed il 29 maggio 1851 erano sguinzagliati birri e soldati contro il popolo devotamente raccolto per la commemorazione dei caduti di Gurtatone e Montanara.2) E ciò poteva verificarsi essendo ministro della guerra proprio colui che in quella campagna comandava l'esercito toscano, Cosimo De Laugier, nel ministero dei due exliberali Giovanni Baldasseroni e Leonida Landucci. s) I liberali moderati vanno a
1) V. BALDASSERONI, op. ciu, p. 441 e ZOBI, Storta civile della Toscana, V, p. 493.
*) Per il fatto del 29 maggio 1851 vedasi fra gii altri: GIOLI-BARTOLOMEI, Il rivolgimento toscano e Pozione popolare, p. 53, Firenze, 1905.
3) Non discutiamo l'atteggiamento tenuto dal De Laugier nel febbraio del 1849, quando egli dimostro di non esitare neppure dinanzi alla guerra civile pur (li ottenere la restaurazione del Granduca. Egli disgustato dagli eccessi della demagogia poteva essere, come fu, convinto della necessità di ristabilire l'ordine coli'intervento piemontese. Ma quando questo venne meno per la caduta del ministero Gioberti che l'aveva propugnato e per l'abbandono delle poche milizie che gli erano restate fedeli, quando apparve che ormai il Granduca si era affidato nelle mani degli Austriaci, accettare il ministero della guerra -due giorni dopo che erano state abolite le insegne tricolori che avevano sventolato fra le milizie toscane sui campi italiani e continuare a tenerlo per ventisei mesi è prova di aberrazione non comune, di cui non valgono a giustificarlo il rancore per le soffèrte umiliazioni o le intemperanze commesse contro di lui e la sua famiglia. Egli nelle sue Memorie dichiara di avere accettato a malincuore la carica e di avere non so quante volte presentate le sue dimissioni. Eh, via! dovette accettare anche una lezione di dignità dal generale austriaco Liechtenstein, che alla da lui richiesta autorizzazione di poter celebrare la cerimonia commemorativa del 29 maggio del 1850, rispose ch'egli sarebbe stalo rincrescen-tissimo u se si fosse lasciato di celebrare coloro che erano periti da forti ed avevano combattuto assai meglio di quello che essi avrebbero desiderato. Si dimise, questa volta sul serio, nell'ottobre del 1851 per dissensi col ministero e col Granduca a proposito del Concordato. Così egli finì coll'alienarsi i rappresentanti di tutti i partiti e trascorrere nell'oblio gli ultimi anni della sua vita dopo tante benemerenze acquistate. Il Baldasseroni gli nega implicitamente anche il merito di avere migliorato l'organizzazione dell'esercito toscano ch'egli rivendica a se, attribuendo tale riforma al successori di lui Ferrari Da Grado (op. cit., pp. 482-483). Noi però siamo disposti a