Rassegna storica del Risorgimento
PRATI GIOVANNI ; RATTAZZI URBANO
anno
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1937
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pagina
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1453
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URBANO RATTAZZI
I HE IL PRATI POETA POLITICO .H
Nel 1937, Ireneo Caligarìs ha riesumato in un periodico, ben poco letto fuori di Alessandria, un Canto di Giovanni Prati in morte dell'ex Presidente del Consiglio Urbano Rattazzi. Siccome questi versi non si trovano nelle Raccolte postume di scritti del Prati, e siccome la voce del Poeta si muta qui in documento prezioso per la storia dell'opinione pubblica in Italia nella seconda metà del secolo scorso, mi è venuta l'idea di trarre occasione dallo studio molto accurato del Caligaris per osservare il lato politico della poesia del Prati, notando le principali tappe della sua vita, per vedere in qual modo sia giunto questo Senatore di Vittorio Emanuele II a certi apprezzamenti che sembrano più giusti oggi che al tempo in cui viveva e parlava il Prati. Le date principali della sua vita sono come le pietre miliari che segnano la strada da lui percorsa da Dasindo ove nacque, a Roma dove morì (27 gennaio 1814-9 maggio 1884).
Il padre, Carlo, negoziante e poi impiegato, e la madre, Francesca de Manfroni, figlia di un modesto medico di campagna, non avevano i mezzi per istruire il ragazzo in casa loro, e lo mandarono a Trento, dove prima di recarsi a Padova a studiare giurisprudenza in quella Università Giovanni si era ammogliato giovanissimo. A Padova scrisse molti versi, ma prese ben pochi appunti di scuola, sicché non riuscì a conseguir la laurea.
Grave fu il suo dolore per la prematura morte, avvenuta il 29 marzo 1840, della moglie, morte che fu argomento di parecchie sue poesie.
Erano tempi in cui i goliardi liberaleggianti veneti cadevano facilmente in sospetto alla I. R. Polizia, e ciò avvenne, non senza ragione, anche al Prati, il quale però, come scrisse il mio compianto amico Michele Rosi, specialista in storia del Risorgimento, era uomo in sostanza assai prudente ; infatti riuscì a vivere tranquillo alcun tempo a Milano; appena però ebbe a subodorare che stavano rinascendo i sospetti polizieschi, spontaneamente emigrò a Torino. Come si vede, il Rosi aveva ragione quando lo diceva prudente... Questo avveniva nel 1843. A Torino, Carlo Alberto lo accolse con rara benevolenza, e gli ordinò i versi di una Marcia militare, nella quale vediamo il Prati già manifestare le speranze riposte dagli Italiani in Casa Savoia, allorché scrive:
Ad ogni tromba piemontese Mandi un'eco e l'Alpe e il Max.