Rassegna storica del Risorgimento

PRATI GIOVANNI ; RATTAZZI URBANO
anno <1937>   pagina <1454>
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Alberto Lumbroso
Lo vediamo insistere in questi suoi ideali nel Conte Rosso,
Ormai la vita politica del Prati aveva trovata la propria carreg­giata. Egli era deciso a rimaner fedele a Casa Savoia nella buona come nell'avversa fortuna, e ciò spiega le ironie dei mazziniani ed alcuni giudizi di Giosuè Carducci, allora acceso repubblicano: gli avversari del Prati combattevano non tanto il poeta quanto l'uomo politico, non tanto lo scrittore quanto il monarchico.
Fatto è che le immeritate accuse di aver usato, per dirla ancora col Rosi, espressioni piuttosto libere in materia religiosa e politica , ebbero per conclusione, nell'autunno del 1844, l'espulsione del Poeta dal Regno di Sardegna. Per ragioni sentimentali, questo fu un grave colpo per il Prati, uomo dal cuore assai infiammabile, come narra la virtuosa baronessa Olimpia Savio, intima amica e consolatrice! di lui, nei due attraenti volumi dei suoi Ricordi, editi an ni fa da Treves.
il Prati visse allora una vita randagia e infelice, fermandosi successivamente nel Trentino, in Isvizzera, per poi andar a finire di bel nuovo a Padova.
Qui stampò nel giornale II Caffè Pédrocchi il 30 luglio 1846 una poesia, In riva all'Adige, che diede sull'occhio alla polizia, che dopo aver accennato a Trento e alla Sicilia, concludeva:
Tutte dall'Alpi all'ultimo Stretto, son mie città.
Era un grido di unità e di indipendenza, che fu subito naturalmente seguito da una minaccia di espulsione, cui però le Autorità non diedero corso, limitandosi ad invogliare l'autore, oralmente, a cambiar aria. H Prati capì l'antifona, e andò prima a Venezia, poi a Treviso, e final­mente a Dasindo, sempre ossessionato da quelle oscure minaccie, e cercando di farsi dimenticare dagli sbirri austriaci.
Nel '48, egli scrisse poesie mediocri in onore di Pio IX e di Carlo Alberto, che con altri componimenti gli valsero nel gennaio una per­quisizione domiciliare, poi l'arresto e un mese di carcere. Questa breve prigionia fu dovuta ad un non fortunato tentativo teatrale del Prati: trattavasi di un Idillio , pubblicato poi nella strenna Dono di Prì-mavera, intitolato I Fiori, nel quale si vantavano le bellezze e le virtù di una donna, Attila, e tutti compresero che questo nome era un troppo evidente anagramma di Italia* In prigione, era caduto ammalato. Uscitone, corse a riprender forze nel suo bel Trentino.