Rassegna storica del Risorgimento

PRATI GIOVANNI ; RATTAZZI URBANO
anno <1937>   pagina <1455>
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Urbano Rattazzi e il Prati poeta politico 1455
Scoppiata nel 1848 la guerra, i cui entusiasmi sono stati di recente così ben descritti dallo storico-romanziere Alessandro Varaldo, il Prati si recò a Venezia, e per lo zelo con cui ne sostenne l'annessione al Piemonte, dopo l'armistizio che porta il nome del generale Salasco, venne espulso dagli Austriaci. Si rifugiò a Firenze, ma vi trovò fredda accoglienza per le sue acerbe critiche a Guerrazzi e a Montanelli, tanto che questi ministri, dando ascolto alle calunnie che perseguitavano il Poeta ovunque andasse, lo sfrattarono dalla Toscana. Fra queste calunnie, la più atroce fu quella, ricordata nel 1935 da U. Bosco, che accusava il Prati, bello e poeta, debole di volontà, impreparato ad affrontare seriamente la vita, marito infedele e leggiero sposatosi troppo presto a vent'anni , di essere responsabile della immatura morte della moglie: calunnia che i suoi nemici non dimenticheranno mai .
L'eterno pellegrino trovò finalmente un po' di quiete in Torino, che nei primi anni del regno di Vittorio Emanuele II era divenuta il rifugio dei patrioti esuli di tutta Italia, come si apprende, fra l'altro, dal Carteggio di Cavour e dalle Ricordanze di Grazia Pierantoni Mancini, venuta in Torino col padre, appunto esule, Pasquale Stanislao Mancini, e fidanzatasi anche in Torino con un altro esule meridionale: il futuro senatore Augusto Pierantoni. Mai Torino conobbe entusiasmi più caldi né ospitalità più generosa.
Fu un'epoca di polemiche, in cui il Prati ebbe ad avversari molti democratici e talora anche il conte Camillo Benso di Cavour. H Prati a volte avversava i piani del Grande Ministro, a volte li propugnava con calore. Infatti, il poeta fu uno degli scarsi sostenitori dell'oppor­tunità per il Piemonte di prender parte alla Campagna di Crimea, che, pet esempio, ai deputati e patrioti Angelo Brofferio e Cesare Cabella pareva una follia; mentre, per la Crimea, il Prati subito comprese dove il Conte di Cavour andasse a parare, non approvò invece la mezza libertà accordata dal Ministro all'interno del Regno. Insomma, capiva ed approvava la politica estera cavouriana, non l'altra.
Quando nel novembre del 1857 le elezioni mandarono alla Camera tanti conservatori clericali, il Prati pubblicò in Torino presso la Tipo­grafia Economica una Lettera a Cavour per invitarlo a respingere le accuse di violenza e di antiliberalismo che allora gli venivano rivolte, e per ricordargli che il fatto è pur sempre questo : Bisogna salvare la libertà del Paese, se è minacciata; bisogna ristorarne Vonore, se è compro­messo . Biasimando le misure di Cavour contro il clero, Prati gli diceva: a Non è certo vero, e lo affermo per l'onore del suo Piemonte, che tutti i pastori della Chiesa siano una fiera tana di lupi, come usiamo talvolta