Rassegna storica del Risorgimento

PRATI GIOVANNI ; RATTAZZI URBANO
anno <1937>   pagina <1457>
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Urbano Rat tozzi e il Prati poeta politico 1457
evoluzioni successive. Vi fu un'epoca in cui ebbe tendenze byroniane, come in Rodolfo, Ariberto, Armando (1860), e in cui dimenticò l'indole dei vati italiani. Fu satirico in Satana e le Grazie. Ebbe un altro perìodo di transizione con TI Conte Riga e I due Sogni (1860). Invecchiando, si fece sempre più colto, e tornò agli antichi amori; infatti, mentre riprendeva nel 1856 i giovanili studi per tradurre l'Eneide, si appas­sionò per l'antichità, e ciò si notò poi in Psiche e in Iside. Non condusse a termine l'accennata traduzione, ma ne conosciamo parecchi brani pregevoli.
Data la sua fecondità più unica che rara, molti scritti egli stesso ripudiò, moltissimi volle rimanessero inediti. Non passava giorno senza che poetasse.
Le Lettóre a Maria e i Canti Politici (1849) ebbero molti lettori, ma non bastarono per fare di lui propriamente un poeta politico, come invece si potè poi dire del Carducci e del D'Annunzio.
In questo campo, Prati fa detto il poeta di Vittorio Emanuele II e certo il suo affetto per il Gran Re, e, in genere, per Casa Savoia, giu­stificò l'appellativo, che fu ricordato più che mai quando il vate, il 15 maggio del 1876, entrò a Palazzo Madama in Roma, ingresso che per molto tempo gli era stato vietato dalla notoria sua amicizia per l'allora diventato impopolarissirno Urbano Rattazzi. Qui ci sofferme­remo al Canto in morte di Urbano Rattazzi accennato nelle prime righe di questo piccolo studio, e lo illustreremo con alcune opportune osser­vazioni fatte nel 1937 da Ireneo Caligaris; interromperemo la lettura del Canto con le riflessioni che egli ci suggerisce di mano in mano che ne riproduciamo i versi.
Non di rado riportiamo l'impressione che tutto ciò che somiglia in lui all'inspirazione non sia che partito preso, esaltazione fittizia cui egli si è abbandonato volontariamente e che non gli è giunta spontanea, e allora il suo Pègaso cammina non ma galoppa. E questa, come è noto, è forse la ragione che ha indotto Tulio Massai-ani ad affermare che il Prati ha la scienza delle forme, non quella del sentimento .
Il Cauto di lui in morte di Urbano Rattazzi può palesare tale carat­teristica. Fu pubblicato per la circostanza della morte, a Firenze, dal Barbèra, nel 1873; e non fu riportato nella edizione milanese Guigoni del 1875, né in quelle del 1892 e del 1913 del Sansoni curate da Ferdi­nando Martini. Manca anche nella raccolta di Olindo Malagodi (Bari, Laterza, 1916).
H canto, nell'intonazione, riecheggia alcune liriche del Manzoni (confrontisi, quanto al metro, La Pentecoste) e ci richiama le odi Alla