Rassegna storica del Risorgimento

Lettme di Mazzini a. N. A, Ogareva 1497
esso ostacolasse il movimento, invece di seguirlo, ci spinga alla lotto. Ed in Italia, esiste tuttora l'abitudine al frazionamento; ogni regione, ogni grande città vogliono essere in diretta corrispondenza con me. Mi è impossibile di agire attraverso inter­mediari. Perciò devo scrivere dappertutto* dalla Sicilia alla Lombardia. La questione veneziana è prima di tutto questione di danaro; devo spingere, aiutare la sua raccolta. Poi vi è la questione dei messaggi. In occasione di ogni anniversario o di una grande riunione di circoli giovanili e di operai mi mandano messaggi. Se io non rispondo, ciò provoca malcontento. E se voi vedeste 1*Unità Italiana milanese, che di solito, per lo meno, due volte la settimana, riproduce questi messaggi e le risposte. Di tanto in tanto devo scrivere lunghi articoli per la nostra stampa. Poi ho fra le mani l'edi­zione delle mie opere, che esce a Milano, sulle quali debbo lavorare, prima perchè queste opere possono essere utili per l'educazione repubblicana della nostra gioventù, poi perchè io ricevo qualcosa per ogni volume e questi denari mi sono assolutamente necessari. Io vivo più che parsimoniosamente, ma l'età e la cattiva salute mi costrin­gono ad aumentare le spese, per cui la mia modesta pensione vitalizia non mi basta. Sono usciti sette volumi e da tempo avrei dovuto licenziare l'ottavo. A tutto ciò ag­giungete le mie relazioni, non connesse coll'Italia, le infinite piccole domande da parte di italiani, ai .quali occorre cercare posto o dare sussidi, i biglietti degli inglesi, ecc., aggiungete ancora i visitatori e non vi mexaviglierete che spesso sono costretto di lasciare senza risposta proprio quelli, a cui io personalmente avrei avuto il maggior desiderio dì scrivere.
A proposito, per ciò che riguarda la mia edizione: in essa, fra molte opere, che possono avere qualche importanza esclusivamente per l'Italia, vi è qualche centinaio di pagine autobiografiche, che io scrivo a seconda del bisogno per collegare in qualche modo i singoli scritti. Desidererei che vi deste all'occasione un'occhiata; esse riguar­dano le mie traversie, le mie delusioni, le mie credenze. Ma non so, se a Ginevra vi sia anche un solo esemplare delle mie opere, ne dubito.
Voi avete visto Sani e vedrete probabilmente gli Stansfeld, i quali, credo, lasciano la Svizzera fra una diecina di giorni. Io avrei molto desiderato di partire conloro edivenire a vedervi. Tre anni fa io avrei potuto farlo: mi era vietato il soggiorno in Svizzera, Come dappertutto; ma il decreto della Dieta era cosi vecchio, che non lo si ricordava nemmeno più; si era formata una specie di tolleranza e le autorità fingevano di non vedermi. Ma dopo l'affare di Greco, Luigi Napoleone ha ottenuto il ripristino di questo decreto e il Governo centrale ha mandato in tutti i cantoni ima circolare, che pre­scriveva di arrestarmi. Perciò non ho potuto partire coi miei amici. Io rimango solo a Londra, perchè tutti se ne vanno. Io passerò probabilmente una quindicina di giorni da Matilde Biggs Hcrzen la conosce è la sorella della Signora Stansfeld, una donna molto malata. Temo che essa non passi l'inverno. Essa è a TonbriugeWells, lontana da tutti quelli, che essa ama, all'infuori della sua famiglia, e le mie visite quotidiane serviranno a distrarla.
Vi scrivo di me, mia amica, mentre avrei dovuto parlarvi di voi stessa. Io non vi avrei parlato di me, se avessi potuto vedervi. Da lontano non so cosa dirvi. Voi sof­frite mortalmente ed io mi sento impotente a consolarvi. Trovandomi presso di voi, prendendo la vostra mano fra le mie, mi pare io avrei potuto più o meno consolarvi, offrendo almeno io stesso con voi. Allora avrei trovato in me il coraggio per tentare di convincervi della verità della mia fede. Io vi avrei detto, che la morte non esiste, che i vostri figli sono vivi, che la vita non è un, inganno, che il suo scopo deve essere raggiunto, che il vostro ed il loro affetto sono una promessa; che vi incontrerete,