Rassegna storica del Risorgimento
ZAMPETTINI GIOVANNI
anno
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1937
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pagina
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1522
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1522 Libri e periodici
saper discernere in tanta congerie di documenti da lui visti quello che storicamente è pia importante, di controllare le notizie apprese con altre fonti già conosciute, di riprodurre le sue fonti con quel rigore di metodo che conferisce alle ricerche le maggiori garanzie di fedeltà e di precisione.
Invece il libro dello Soioscioli, privo di queste Basi, ai lumi della critica non regge; mancano i profili, le trame rivelatrici si riducono a poche e quasi sempre di scarsa importanza: questi proscritti, quando politicamente sono tali, ci appaiono come figure evanescenti che vanno è vengono, che chiaceherano di tutto un po', in genere di cose insulse; per la maggior parte ci troviamo di fronte a figure di secondaria importanza che non si sa sempre né donde vengano, né quale parte abbiano avuta
I moti politici del loro paese, che non hanno che scarsi accenni alla patria lontana. Manca cosi il preteso dramma del Risorgimento nel libro dello Scioscioli, che non è altro che una miscellanea di notizie affastellate con brani di documenti che ci rivelano per lo più lembi di piccola vita, cose futili, pettegolezzi mondani stemperati in prolisse digressioni.
Lo Scioscioli lancia leggermente giudizi avventati sul 1821 in Piemonte senza aver Ietto nulla sull'argomento, né le fonti sincrone, né i lavori vecchi e recenti, da quelli del Manno e del Torta a quelli usciti in occasione del centenario, fondamentali. Egli sulla rivoluzione piemontese del 1821 dimostra di conoscere appena la fonte indiretta del Pepe, che pretende anzi con evidente cantonata di cogliere in errore.
II Pepe, che ha attinto le sue notizie da fonti sincrone, asserì che un Palma fu coinvolto nella rivoluzione di Alessandria. Sbaglia il Pepe, afferma lo Scioscioli, perchè il Palma era a Genova. Ma lo Scioscioli non si è accorto che non si trattava del Palma di Cesnola ma di quell'Isodoro Palma di Borgofranco che ebbe parte princi-palissima nel moto alessandrino. Se lo Scioscioli, scarsamente informato, avesse letto una storia del Piemonte, come quella ad esempio del Brofferio, o avesse data una scorsa al Beauchamp, al Santarosa, al libro del Torta, agli studi alessandrini del Bobbio e del Gasparolo, non avrebbe con tanta sicurezza preteso di correggere il Pepe. Io stesso nella Rivista storica di Alessandria del 1923 in uno studio sui moti alessandrini del 1821 ho pubblicato i costituti del Palma. E lo Scioscioli non si appaga di togliere al Panna il merito di essere stato uno dei principali capi della rivolta alessandrina, ma lo attribuisce tutto addirittura al capitano Solando ed al Sattanino, i quali, secondo lui, avrebbero portato in caserma il grido della rivolta ed avrebbero incitato i soldati ad occupare la cittadella. Questa affermazione è fondata sull'arena. Tra le molte prove che lo Scioscioli dice di avere scoperto l'unica che cita crolla. Egli si affida alla testimonianza di un sergente dei Dragoni del Re, il Qua rtero, che in un rapporto fatto, durante il suo esilio nel Belgio, al ministro sardo, avrebbe additato il Sattanino ed il Rolando come caporioni. E lo Scioscioli accoglie senza benefizio di inventario tale afférmazione, ignorando che non basta un documento per sé stesso a consacrare una verità storica; occorre ponderarlo e metterlo a confronto con altre fonti, specialmente quando si tratti di figure secondarie di proscrìtti propensi in genere per naturo a far vanterie. Se lo Scioscioli avesse Ietta la sentenza del R. Fisco del 19 luglio 1821, notissima per le stampe, avrebbe trovato tutti i nomi dei capi dei moti alessandrini, gli organizzatori del complotto in casa Baronie.Tra essi non compaiono affatto i nomi del Rolando e del Sattanino, che non furono altro che ufficiali in sottordine, esecutori materiali di ordini ricevuti.
Non è il caso confutare le digressioni storiche dcll'A. sulla rivoluzione piemontese del 1821 e alcuni inopportuni confronti regionali; veniamo piuttosto al tema principale, il dramma degli esuli.
I fondi principali esplorati dallo Scioscioli nelle sue corse attraverso gli archivi europei sono tre: l'Archìvio di Stato di Torino, l'Archivio di Vienna e le carte Arconuti del castello di Gaesbeeck. Di questi tre fondi i documenti torinesi diedero allo Scioscioli buona messe di informazioni nuove, che gli permettono di portare un buon