Rassegna storica del Risorgimento

LAMBERTI TOMMASO ; SAN LEO
anno <1938>   pagina <1098>
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1098 Domenico Spadoni
ed istruirli di ciò che improvvisamente ai vide succedere. Dio noti voglia che anche di presente, e sotto l'attuale carestìa che preparasi più. orribile dell'anno scorso, non siavi.qualche altra tela infame, qualche orda, che i sbandati proseliti di Gioacchino possono andare intavolando in qualche altra inusitata foggia* jFra gli ebrei, sensali, patriotti, monopolisti, e disperati echeggia nella Città un non so che di cattivo, rilevato dallo scrivente officiale nel tempo eh' è stato fuori con permesso dell' Eccelsa superiorità, che non piace al partito dei buoni. In tutta l'estensione della Montagna si sentono gran clamori per la fame, e immensi furti; e li contadini non sono troppo quieti. Per ora non vi sono novità positive; ma sono generalmente temute, e i buoni Possidenti dei Villaggi vanno delineando di mutar stanza, ritirandosi nei luoghi più sicuri per timore di sinistre eventualità nel venturo inverno. DÌ tutto ciò si starà bene in ascolto né si ommctterà di farne prestamente i dovuti rapporti.
Nelle parole del ten. Gandini è la manifestazione de* primi allarmi per le ondate di malcontento e di disordine che si fecero purtroppo sentire nel 1816 e nell'anno successivo, specialmente nelle Marche, in conseguenza della carestia, cui s'aggiunse il tifo petecchiale, determi­nando quel grande lavorio di sette liberali (ingrossate dai déclassés del regime caduto) ch'esplose nel folle tentativo rivoluzionario di Mace­rata nel 1817. Nella stessa Roma affermasi in quegli anni l'Unione guelfa e la Carboneria; non è quindi improbabile che da antichi amici e confratelli del marito la misera Maria Lamberti fosse stata confor­tata a sperare, facendole aver sentore di qualche non lontano moto in Francia e in Italia.
Frattanto al povero aw. Lamberti venne lusinga a bene sperare per sé dal fatto che il Falasca, condannato con lui per complicità a tre anni di fortezza, il 20 ottobre aveva ottenuto la liberazione. Innalzò pertanto nel 14 novembre altra supplica al card. Consalvi significando:
È vero che la mia condanna è ben diversa. Vero però è altresì, che diverse assai sono le persone e le circostanze. Falasca è giovane ben sano, cui per il corso naturale rimaner deve ben lunga vita, in cui goder della grazia. Io sono un infelice, e per l'avan­zata età di circa gl'anni 64 e per gli insulti, a quali vado frequentemente soggetto, e che lungi dell'abbandonarmi infieriscono tutt'ora più, e minacciano, come risulta dal certificato che umilio, mi trovo quasi al termine della vita, senza sperare alcun profitto dal clima di Perugia rigido al pari di questo con l'unione di un umido mici­diale, che nasce dalle nébbie del sottoposto Trasimeno. Falasca ha consumato pochi mesi nel Forte S. Angiolo senza esser soggetto ad alcun straordinario rigore. Io son da otto mesi racchiuso nelle prigioni di questo Forte esposto ad un clima il più orri­bile, che sotto il cielo abbia creato Natura, ed in cui oltre l'impeto di quasi giornalieri venti lottanti fra loro può esservi ancora il .pericolo di rimaner vittima, delle mine,
>) Vedi D. SPADONI, // tentativo rivoluzionario marchigiano-romagnolo nel 1817 in Aiti e Memorie della R. Deputazione di storia patria per le Marche, 1926; G. CASSI, XI card. Consalvi ed i primi anni della restaurazione, 1815-1819 Milano, Albrighi e Segati, 1931, cap. III.