Rassegna storica del Risorgimento

LAMBERTI TOMMASO ; SAN LEO
anno <1938>   pagina <1102>
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1102 Domenico Spadoni
e il peso è grande, povera infine perchè doverà provare il Serissimo dolore della perdita della Madre. Deh o Padre vivete voi, e scrivete all'Emo Consalvi per il disbrigo di questo affare essendo stanco per quanti passi ho fatti finora inutilmente. I disesti delle malarie sono incalcolabili e li pasticci fatti da mia Madre sono innumerabili, Dio il solo ha provveduto rimediare in qualche parte col far nominare Tutore* e Cura­tore di questa famiglia il sig. Giuseppe Gerardi, a cui è stato affidato il tutto per poter quindi raccogliere se è possibile di Bene, un Corno. Il male è fiero, e lungo, e le spese sormontano dieci volte più. l'assegnamento accordatoci benignamente da N. S. Non so come fare a poter tirare avanti in questa voragine di disgrazie, che abbattono forte­mente il mio spirito. Coragio ci vuole, e lo stesso dico a Voi. Mia Madre vi abbraccia teneramente, e vi bacia di tutto cuore, ed io domandandovi insieme con mio fratello, e la sua famiglia la Benedizione, facciamo lo stesso.
Il povero Relegato, che frattanto aveva ricevuto il biglietto
responsivo del card. Consalvi, il 25 gennaio tornava a scrivergli in
questi sensi:
Eminenza, quanto più si aggravano le mie disgrazie, tanto più si moltiplicano Emza i di Lei favori. Il primo singolarissimo è quello di abbassare le umanissime di Lei risposte fino a me: il secondo della grazia della mia traslazione al Forte di Perugia, che anche nel graziosissimo foglio del 4 andante mi vien richiamato a memoria: il terzo la continuazione dell'intera pensione alla infelice famiglia non ostante Tacca* duta morte della figlia. Le disgrazie però tutt'ora infieriscono, quantunque mi lusin­ghi, che la fonte de favori non sia disseccata Una non preveduta morte mi rapisce, Eminenza, presso la figlia dopo dispendiosa crudele malattia ancor quella, che tanto si era interessata, ed afflitta per me, la povera moglie come mi annunzia la dolente lettera del figlio Filippo, che ho il rispettoso coraggio di compiegare, mentre insieme mi pone al giorno di ciò, che è seguito circa la pensione. Sono io adunque al presente l1 individuo il più desolato, e privo di qualunque sussidio il più necessario a conservar la vita oltre il diurno alimento. La meschina moglie toglieva qualche scudo mensuale dal suo pane giornaliero, onde supplire alle tante altre inevitabili indigenze ben facili ad intendersi perchè io non ne rimanessi la vittima. Or gli Aristarchi Camerali si accingono a prender parte attiva per far cessare qualunque sussidio non mossi da zelo in favore dell'Erario sovrano, o in vantaggio proprio, ma da un odio inestinguibile verso il mio nome, e la mia famiglia, da cui niun male han ricevuto, se l'autorità del­l' E. V* non vi si oppone con tutta l'energia. In questa occasione ardisco implorare, che V. E. si degni ordinare, che venga posta a disposizione di questo sig. Comandante la somma per lo meno di scudi 10, che da scandaglio fatto si è riconosciuto occorrente a riparar con molta economia gl'eccessivi rigori della stagione, come lo stesso sig. Co­mandante ha verificato, senza che io ne faccia un più minuto dettaglio. Attualmente anche per il dispendio della penosa malattia della moglie, è vano sperare il menomo sussidio della bastevohnente straziata famiglia.
Il Lamberti soggiungeva poi con trasporto d'accoramento:
Passando a parlare infine del mio traslocamento al forte di Perugia, io non lo ricuso per non esser ingrato, ma lo riservo a momenti migliori. Io bramo che la mia tragedia in qualunque modo finisca anche con la morte, catastrofe ordinaria di ogni tragedia, e se questa venisse accelerata dalla continuazione di mia permanenza in questo luogo di tutti gli orrori, non dovrei cercar di evitarla, per non espormi al