Rassegna storica del Risorgimento
PIVA DOMENICO ; GARIBALDINI
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1917
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Un volontario garibaldino
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a datare dal 16 corrente, senza esserne stato preventivamente avvertito come si è sempre usato da tutti i ministri . La vendetta de' nemici - pensava - era piena, e, per giunta, esercitata per mezzo di un ministro della guerra, già soldato dei Borboni e non dei primi ad abbandonarne il servizio.
Con questo triste episodio chiudevasi la vita pubblica di Domenico Piva, spesa interamente per la patria e pel dovere. Non mancò, per addolcire l'amarezza del boccone, il solito ciondolo ; ma i ciondoli non erano fatti per un soldato, uso a conquistarli a prezzo di sangue sul campo di battaglia.
Con l'allontanamento di Domenico Piva e di altri, come lui, ricchi di un passato di opere egregie, si faceva innanzi la folla dei sapienti, avida di farsi strada tra le file degli uomini d'azione, dei sapienti preparatori delle future sconfìtte africane, che parvero men gravi alla nazione, perchè i Galliano, gl'Hidalgo, i Preslinari, gli Ameglio, i cosi detti scarponi dell'esercito, destinati forse alla soppressione, perchè non abbastanza dotti, con la mente, col cuore, con l'azione tennero alto il prestigio e il nome della patria.
Ma egli aveva di che consolarsi. Nel giugno del 1879 il marchese Vincenzo Rovelli, distinto ufficiale, gli aveva scritto : Mio padre (un insigne patriota comasco) fu chiamato ad Albano da Garibaldi, ed ebbe accoglienza affettuosa, anzi intima. Papà parlò chiaro al Generale, e gli disse, fra le altre cose, che la più parte di coloro, che lo circondano, sono gente indegna di lui. Medici seppe la cosa, e riferì al Re del buon consiglio dato a Garibaldi ed accettato, e delle espressioni benevole del generale per la persona di Umberto. Venne Fazzari a Como con la proposta di un seggio al Senato, che papà rifiutò, come non volle la commenda. Garibaldi a papà disse poi; Piva è VAIO dei miei ufficiali che prediligo pél talento militare,, r abnegazione, U carattere .
Ritiratosi con la famìglia a vita privata in Rovigo, non volle essere nulla. Lo riscosse dalla calma dei campi, nei quali sfogava l'esuberanza della sua natura, la notizia della morte di Giuseppe Garibaldi. A Giiosuè Carducci, che gli aveva inviato in dono una copia del bellissimo discorso in morte dell'Eroe, scriveva : L'annuncio della morte dell'uomo, che più si avvicinò a Cristo, mi scosse violentemente l'animo,
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