Rassegna storica del Risorgimento

1849 ; FRANCIA ; TOSCANA
anno <1938>   pagina <1213>
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FONTI E DOCUMENTI
IL GOVERNO FRANCESE E LA RESTAURAZIONE GRANDUCALE IN TOSCANA H (1849)
Nella seconda metà del 1848, lo schiacciamento del movimento degli agitatori socialisti e poi il successo clamoroso della elezione del principe Luigi Napoleone Bonaparte a presidente della Repubblica prepararono, come è noto, in Francia il trionfo delle tendenze conser­vatrici. Mutarono, allora, le direttive politiche del Governo centrale, a poco a poco, e non in una forma subito chiara e manifesta, ma doppia, ambigua, subdola, sicché per un po' di tempo ancora, specie all'estero, si potè credere che la Francia non avesse rinunziato alle idealità democratiche e si mantenesse pronta a sostenere e a far rispet­tare la volontà dei popoli. All'avvento al potere del principe Luigi Napoleone, ci furono, naturalmente, delle mutazioni nelle rappresen­tanze diplomatiche presso i vari governi stranieri, ma i nuovi ministti non ebbero, nemmeno essi, istruzioni chiare, precise, categoriche, di modo che assai di frequente non seppero decidersi sulla via da seguire e qualche volta anche si appigliarono a partiti che non incontravano l'approvazione superiore.
A Firenze, verso la fine del gennaio 1849, era stato inviato come ministro plenipotenziario della Repubblica francese, il conte Ales­sandro "Walewski Colonna, figlio naturale, come è ben risaputo, di Napoleone I e quindi cugino del principe presidente. La Toscana era allora governata da un ministero democratico capeggiato da G. Montanelli e F. D. Guerrazzi, che, troppo diversi l'uno dall'altro, non erano concordi nella politica da seguire e che, anzi, di lì a poco, si dovevano separare. Il Walewski, sino dal principio della sua missione, non si mostrò benevolo e favorevole verso i due ministri e questo suo contegno derivò, forse dalla Bua natura aristocratica, più che dalle speciali istruzioni ricevute. Ma in un primo tempo, egli si mantenne in un prudente riserbo, come richiedeva la sua veste diplomatica; poi, a poco a poco, mano a mano che aumentavano le difficoltà e i dissidi interni, manifestò la sua avversione agli eccessi democratici e la sua simpatia pel partito conservatore, finché, dopo la fuga del granduca Leopoldo II a Gaeta, favori apertamente