Rassegna storica del Risorgimento
CASTROMEDIANO (DI) SIGISMONDO
anno
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1938
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pagina
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1227
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Sigismondo Castromediano
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sovrano, J> e ancor dopo il 1848, molti, i più, forse, dai ceppi e dall'esilio si conformarono alla vecchia consuetudine. Che cosa era avvenuto, perchè altri, gl'indomabili, s'irrigidissero, respingendo gagliardamente sdegnosi la suggestione che era loro fatta, e che rispondeva al più accorato desiderio della corte?2) Era avvenuto che i tempi eran mutati, e che i più accorti ne avevano coscienza o sentore, e resistevano. Era sopravvenuta anche una progressiva attenuazione delle pene. Il letamaio di Giobbe cominciava a trasformarsi nell'arca di Farinata. Tra i detti più memorabili e memorati nel martirologio del risorgimento ricorre la controsentenza di Giordano Bruno ai giudici: Majori forsitan cum timore sententiam in me fertis, quam ego accipiam. s' Certo, questo eroico furore bruniano ha nei nostri martiri ed esuli una sostanza tutta politica, ed è fortificato dall'aspettazione che gli eventi si compiano: in alcuni, come in Settembrini, sa di rancore vendicativo. Nel 1860, durante i pochi mesi di disperato esperimento costituzionale a Napoli, il Poerio e il Castromediano malgrado il parere contrario del Cavour, non vi ritornano: voglion prima la caduta di quella dinastia che, aborrendo il sangue, ha commesso il supremo, fatale errore di non avere né vezzeggiato né spento i suoi uomini migliori. *)
D'altra parte, più fiammante il martirio, più acuto il senso del torto patito, e più ignave le moltitudini, che anche per questo furon vinte e trascinate nelle ore decisive. E il Castromediano, che circa
1) Si era abituati nel passato a vedere condanne a morte commutate in pene minori e dopo pochi anni di detenzione abolite del tutto. Nulla è più significante di quell'episodio narrato da R. DE CESARE nella Fine di un regno, 1895, p. 221, dove descrivendo il viaggio di Ferdinando II in Puglia, dice che i Massafresi si abbandonarono alla più sfrenata esultanza, e gridavano in coro: grazia, grazia, Maestà!; e al sovrano che domandò che grazia chiedessero, risposero: nulla. Il punire e concedere grazie era per il popolo l'attributo della regalità.
2) A.V. DEL GIUDICE, op. cit., p. 63: quel Governo agognava si piegasse (il Poerio) a chiedergli una grazia, che tanto volentieri gli avrebbe accordata.
3) La notava G. Massari subito dopo il 1848, ma è ripetuta in innumerevoli variazioni dai condannati politici, ed esprime a volta a volta fortezza di tempra, fede nazionale, armonia col secolo, condanna dell'indirizzo errato dei principi e delle camarille, sfida a governi che per quanto impigliati nel sistema delle repressioni, rifuggivano da misure estreme e si apparecchiavano la rovina. Esempio dello spirito bruniano in Castromediano: si addormenta e dorme placidamente nell'aula del tribunale mentre il pubblico attende la condanna. Un altro esempio a pp. 448-9* Memorie, dove il cieco protesta con veemenza, perchè per vergogna, non per pietà, i gendarmi non vogliono ammanettarlo. Cfr. N. MARSELLT, Gl'Italiani del Mezzogiorno, Roma, A. Som-maruga, 1884, p. 136; e R. DE CESA.BE, Silvio Spaventa e i suoi tempi, nella Nuova Antologia, 1 luglio 1893, p. 14 dell'estratto.
4) Troppo vero il paradosso del Settembrini: La colpa è di Ferdinando II !