Rassegna storica del Risorgimento

ANGELONI LUIGI ; LAMPREDI URBANO
anno <1917>   pagina <150>
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tàO V Guido BMMÙO
volte la settimana per dare in aria di semplice amicizia' qualche istruzione M sfera, di geografia, ecc., alle sue figlie, rapiidel Canosà. La marescialla (dama spagnuola dotata di isomma gentilezza A gianj carattere) volò dal co­gnato, e con inoliti pena ottenne che io fossi sentito. Dopo otto giorni ritornò da Canosa, e rammentandogli la parola data, ma egli disse che mi avrebbe fatto fare il processo dall'accusatore (Mollo) e che in questi casi bisognava operare alla foggia dell'Inquisizione dei suo paese. Ella non si perde d'animo per questo, ma insistette tanto che il triunviroj Vecchioni, ivi commensale, accettò l'incarico di sentirmi, e Canosa, mezzo briaco, acconsenti, è soggiunse che s'ei m'avesse ascoltato*, ricorderebbe l'ordine dato. Otto giorni dopo mi presentai a Vecchioni, ma egli mi disse che tutte le cose riportate a- mio ce-iìQ èrano state da lui trovate vane e Insussistenti, ma ehe tornassi fra qualche giorno, perehè' Canosa aveagJi detto essere stato fatto un rapporto dalla po­lizia a mio carico. Tornai dopo altri otto giorni, e ,ual*era questo rapporto? Che nel 1798 e nel '99 in Roma io avevo alzato cattedra d'ateismo e di dis­solutezza, e che io educava nell'irreligione il figlio di Strangoli. Egli quasi, si vergognava di propormi queste accuse, alle quali risposi "vittoriosamente, [e soggiunse (presente un amico comune/ che per quanto il. Carnosa fosse stato mal prevenuto contro di me, egli l'avrebbe fatto rivenire a idee più giuste e più miti sul mio conto subito la mattina appresso. Ma la mattina appresso ricevei al contrario un allr'ordine più pressante del primo di partire dentro il termine di due giorni. Tu crederai forse che Vecchioni mi vendesse lucciole per lanterne; Nò, mio caro, egli era di buona fede, ma non potè riparare un nuovo colpo di que.lPmfaj.iie di Mollo, il quale vedendo che io usciva vittorioso dalla lotta, sorprese, dipingendomi coi più neri colori, la quale ch'ella siasi religione del vècchio. Ne onde quel giorno stesso il Re stesso domandò a -uosa se io era stato esiliato, e questi senza pensare ad altro disse disi, e dì si deve pur essere. Vecchioni parlò a Canosa In favor mio, ma questi gli rispose non esserci più alcun rimedio e che io doveva partire. E la Sera stessa Ye.c chioni (presente lo stesso amico) ecco, esclamò con dolore, coloro die vantano gli amici del Me e intanto lo abbassano nella pubblica opinione con l'iniquità ;<! questa atti ingiusti ed arbitrari. Costoro sono prontissimi a punire e len-Ussimi ad ascoltare le -uUime giustificazioni. Io ne sono oltre modo dolentis­simo e veggo un'ingiusta persecuzione, munon posso riparare ri'colpo, e neppnr Canosa pub, come ben vorréUbe, ripararlo.
Cosi, mio :earo. ÀngeiornV dovetti partire, e que.UMu:la;me di Mollo cantò vittoria, te partii, e nel partire gli mandai a dire clicolitre l'essere un cattivo poeta, egli si era mostrato Uno scellerato calunniatore.
Del resto non puoi credere, amico caro, a quante private Vendette abbiano data luogo gl'ingiusti scrutini! ordinati più da straniera potenza che dal Re. Uccoti un. fìftjtp, ette ti tara Inorridire. Chiunque viene di Napoli e non dello Statici .deviti partire di Roma in tré giorni, lo però sono partito dopo circa un xeó, e -avesse voluto il cielo ch'io fossi partito più presto, perche! appéna arrivato qui a Spoleto per andare a Perugia dal mio caro Antinorì, sono stato sorpreso dalla terzana. Sono quasi guarito da questo malanno guadagnato a Roma, domani parto per Piu>ùgì.aP donde* se vuol rispondermi, dirigerai la