Rassegna storica del Risorgimento
ANGELONI LUIGI ; LAMPREDI URBANO
anno
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1917
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pagina
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165
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M carteggio di Urhcmo Lampredi con Lvdgi Angeloni 1*6
Come e perchè io risegnassi questo grazioso dono vitalizio voi io sapete, perchè sta nelle vostre mani una lettera da me scritta e pubblicata, diretta a F. Legkie gentiluomo scozzese, che fu l'amico straniero, intercessoti spontaneo sopraUegato; onde non pia parole di ciò, e basterà solamente dire, che nell'età mia settuagenaria, cioè dopo circa a trentacinque anni, durante i quali io nulla chiesi all'antico donatore, mi trovai oppresso per un colpo di paralisi, che mi confinò, spossato affatto di forze fisiche, quasi in un letto, e quindi mi rendè affatto inabile a guadagnarmi il pane, come mi era riuscito fino a quel tempo. Ebbi allora ricorso direttamente, e per mezzo di buoni amici alia generosità del donatore paesano il quale vessato quasi direi meno delle mie, che dalle loro forti istanze, stette, come sapete voi, e tutti in Firenze, duro come una rocca, e alla fintine pronunziò la sentenza' che io andassi mendicando per tutta 11 balia, diffóndendo uno scritto supplicativo di soccorsi parziali per vivere, e che egli sarebbe generosamente concorso alle comuni beneficenze, o piuttosto elemosinare. Se voi considerate il motivo che mi spinse a risegnare la donazione, potrete ancora considerare quale eflètto produsse in me questo risultamento della strana si, ma perfida proposizione albiziana. Arroge a tutto questo che nella scrittura legale e guarentigiata dalla donazione, si diceva che non essendo io fornito di benefizio ecclesiastico, egli si obbligava invece, in corrispondenza del donativo, fornirmene uno di sua collezione, che molti ve ne ha nella sua famiglia, Sembra che per ispiegare questo stranissimo fenomeno, voi o talun altro, siate costretti a presupporre, che qualche gran piato o reciproca offesa abbia avuto luogo nel corso della nostra vita: ma tanto è vero che un'ombra pure di piato e di offesa s'interpose fra noi, che egli non ha potuto allegarla agli amici supplicanti per me, né rispondeva alla mia lettera già mentovata, ma non più di questo mecenate fiorentino elle Mo al tempi di Dante avrebbe potuto giustificare l'epitaffio nel suo sepolcro (non so da chi composto* né mi ricordo dove riportato:
Còrvi ine gcnuit Florontln umter amorfo.
Vanghiamo al napolitano Francesco Ricciardi conte di Gamaldoli.1 Io era ;al noto a questo rispettabile signore che per lo: gassato era stato insignito d'alta dignità politica durante la quale io né avevali prestato alcun servizio d'impiega-to subalterno, né come amico di confidenza, siccome era stato in altri tempi del fiorentino. Ebbene, appena che egli seppe, che io nel 1824, tornatola Napoli dopo alcuni masi ÉÉ: assenza, non ero più in 'islto di esercitare la mia professione, e quindi vivere a spese delle mie fatiche; come per indietro, senz'altro dirmi m'invitò a pranzo straordinario nella sna amenis-sima Villa di Vomero, dov'erosi ritirato colla famiglia Pomponio Attico nella Tusculana della Campania; dopo il quale egli e la compianta ancora da tutta Napoli, veneranda sua signora,9 ed i figli, mi condussero in una cameretta co-
1 Kato noi 1878, in. noi 1842 a Foggio, colatore avvocalo di Napoli, dal Maral .creato Conto di Camaldoll ; dal 1800 al 1815 o noi nel 1830 Ministro di Giustizio. Sua moglie fu Luisa Granito, morta appunto nel 1832.