Rassegna storica del Risorgimento
1820 ; IRPINIA ; EMIGRAZIONE POLITICA
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1940
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Gli Irpini della rivoluzione del 1820 nell'esilio 31
nel loro analfabetismo, probabilmente ignoravano perfino l'esistenza? E questa crudele severità non è sproporzionata all'indulgenza usata con altri che operarono tanto coscientemente, datò il loro elevato grado sociale sommovendo le masse, come ad esempio, l'indulgenza verso il citato TOMMASO DE FILIPPI, colonnello di militi e presidente della Suprema Magistratura Carbonara Irpina?
ESULI IRPINI IN FRANCIA
E passiamo in Francia. Nell'affacciarci a questo paese salutiamo un irpino veterano dell'esilio, superstite di quella schiera numerosa di giacobini o sostenitori della Repubblica Partenopea che scontarono sulle forche o nell'esilio la loro reità di Stato. Egli è un sacerdote del comunello di Candida, sopra Atripalda, e si chiama ANGELO DE LAURI. Espatriato dal 1799 a Lione, vi dice messa ed insegna musica, e ivi rimane fino alla sua morte, nel 1836, 2) confondendosi coi suoi conterranei, fuorusciti per la rivoluzione del 1820.
Le città della Francia che ospitarono più esuli delle rivoluzioni napoletana e piemontese furono Parigi, come capitale, e Marsiglia, sia perchè
i) Alla sorte dei suddetti esuli si ricollega, per identità, quella di un altro contadino; però confino in questa nota i cenni che lo riguardano perchè non sono riuscito ad assodare, per quanto diligenti siano state le mie ricerche, se e dove fu espiata la pena a lui inflitta. La notte del 18 maggio 1821 nel villaggio di Picarelli presso Avellino la Gendarmeria, perquisendo l'abitazione di D. Saverio Jandolo, sacerdote ed insegnante pubblico, istallatore della Vendita Carbonara locale, per arrestarlo, non rinvenne lui, sibbene il giovane colono Salvatore Di Virgilio che era in calzonetto e camicia; e trovato nei suoi abiti un nastro carbonico, rosso celeste e nero, arrestò costui. Il maresciallo di campo Gaetano Pastore che da tre giorni aveva assunto il comando della provincia di Principato Ultra, rapportando questo fatto al Principe di Canosa Ministro della Polizia generale, esprimeva il bisogno del più pronto esempio di giustizia, per cosi avvilire i malvaggi... È necessario, diceva, che il reo subisca, pria del giudizio, l'economico castigo della frusta, giacché sequi un'apparente calma fa credere un principio di tranquillità, il fuoco a nientissimo della rivoluzione è sotto le ceneri, che al semplice soffio potrebbe avvampare, ed incenerire qualunque edilìzio... la prontezza della pena è l'unico terrore de' scellerati . Ma l'intendente Nicola Intontì esaminato il verbale del reperto, obiettò al Canosa di non riconoscere il Di Virgilio come esportatore di tale oggetto criminoso, non essere quindi il caso dell'applicazione della frusta, bensì dell'applicazione del semplice esilio. E la Corte Marziale della Provincia, presieduta dal tenente colonnello Catalano, il 7 luglio 1821 condannò Salvatore Di Virgilio di Picarelli, di anni 21, alla pena di dieci anni di esulo {Gr. Ardi. St. Nap., Prefettura di Polizia, anno 1821, fase. 14, incart. 43).
2) Gr. Arch. St. JVfip., Esteri, Francia, Affari diversi, anni 1842-43, fase. 463. Vedi pure in Soc. Napol. di St. Patr., Fondo Ruggiero, doc. orig. 1799-1806, Ser. I a pp. 197, 203, 214.