Rassegna storica del Risorgimento

1849 ; TOSCANA ; CIRONI PIERO
anno <1940>   pagina <97>
immagine non disponibile

Libri e periodici 97
spirituale già molto tedi. Nelle dottrine estetiche i due fratelli dimostrano gusto, ma teoretica incertezza (comune, d'altronde, ai contemporanei), e nelle innumerevoli riflessioni a proposito di Shakespeare (da entrambi apprczzatissimo) e dell'ultimo lavoro teatrale di Alessandro (la tragedia Patria o Galeazzo o La congiura) rivelano tendenze protoromantiche di notevole interesse, pervase come sono da quella solle­citudine etica propria del nostro Risorgimento, anche nelle lettere e nelle arti. Scnonchè 1 oggetto di questa sollecitudine è ancora la nazione o patria intesa all'antica, sicché Pietro e Alessandro scrivono con compiacimento dei progressi urbanistici rea­lizzati a Milano (Milano diventa un Parigi), e del nuovo impulso che vi ricevono gli studi civili in confronto alla prima metà del Settecento. Alessandro, poi, dipingendo al naturale (cioè a nere tinte) lo Stato pontificio, le condizioni delle sue finanze, e degli abitanti, si rammarica che la S. Sede, cui ormai si riduce il prestigio d'Italia, sia tanto decaduta, e cerca analizzare le cause della decadenza e confida in Pio VI, ma non si fa illusioni sulle possibilità che si offrono ai pontefici per rimediare a un sistema inveterato di disorganizzazione, di abusi, di inerzia, di scetticismo, di indifferenza. E piuttosto tende l'orecchio alle voci di rinnovamento riferitegli dal fratello (dalle novità nella prodazione industriale, a quelle artistiche e letterarie) e sui mezzi istituiti per promuoverle (funzionamento della Società patriottica), ma, oramai, con limitata fiducia, condivisa anche da Pietro, nel progresso delle scienze (i fisici contemporanei sarebbero fisici da giuochetti) e nella capacità dei connazionali.
Ora nelle pagine del carteggio più non troviamo battagUe e grandiosi progetti per l'avvenire, ma il consuntivo di un'attività perseguita per molti anni e oramai quasi terminata, non già perchè il cammino sia stato percorso per intero (che, anzi, la meta neppure s'intravede), ma perchè manca la lena di un tempo, gli antichi col­laboratori sono dispersi o spiritualmente decaduti (come il Beccaria), e molti ideali, cui si era creduto con ardente fede, si sono infranti. D'altra parte, il carteggio diviene più ricco d'intima umanità, i problemi trattati, quantunque d'importanza assai limi­tata (vertono generalmente sulla raccolta di antichità, su studi di monetazione, su alcuni aspetti del commercio, su ricerche erudite, ecc.), rivelano menti ricche di una esperienza, nel caso di Pietro, maturata per decenni, e perciò le minute osservazioni s'infittiscono e acquistano d'acutezza. Più non si aprono innanzi prospettive balenanti e nuove affatto, ma considerazioni ponderate e penetranti.
Oramai il ciclo dell'evoluzione spirituale del quasi quarantenne Alessandro e del più che cinquantenne Pietro, è compiuto, e possiamo vedere con sicurezza gli aspetti positivi dei loro pensiero e anche le manchevolezze. Se da un lato, cioè, troviamo un'onesta e serena valutazione dell'enciclopedismo e dell'assolutismo illuminato, fon­data su una penetrazione notevolissima delle passioni umane e sur ima pratica grand e degli affari del mondo (anche, ed è cosa rara nei lombardi del tempo, di quelli politici, sia pure operata di seconda mano, sicché le osservazioni di Pietro sulle conseguenze per l'Italia degli accordi di Versagli a e molte altre ancora, appaiono assai sicure), e una vasta cultura; dall'altro, la mentalità aristocratica (nel senso deteriore della parola), impedisce ai due fratelli, che pur erano stati anticipatori, almeno in Italia, di tante verità, di afferrare il significato di concetti che allora erano in pieno corso di elaborazione e di maturazione, come, ad esempio* quello di libertà politica, di modo che Pietro scrìve: Secondo me la libertà non consiste nel partecipare al governo, ma bensì nella sicura possessione della vita, dell'onoro, della libertà, e dei beni sin tanto che io non commetta una azione contraria al bene della società. Per ottenere questa sicurezza bisogna che né ù possano fare leggi capricciose, nò si possa togliere nulla all'uomo se non consti legalmente ch'egli abbia contravvenuto alle leggi (p. 424). Non usciamo, per tali vìe. da quel complesso di dottrine proprie dello stato legale o di polizia, anche se qua e là non mancano accenni alla desiderabilità di una monarchia moderata. LuiGt BULFERETTI
t