Rassegna storica del Risorgimento
BOCCHECIAMPE (DE) PIETRO ; BANDIERI (FRATELLI)
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1940
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1030 Tito Battaglini
fu condannato a cinque anrfl dì prigione soltanto per porto d'armi abusivo, giacché sebbene avesse fatto parte della banda, non vi aveva esercitato alcuno impiego e funzione, e per essersi sciolto dalla medesima prima di esserne stato avvertito da alcuna autorità*
La condanna di morte ftt ridotta* mezz'ora dopo pubblicata la sentenza, per una ministeriale espressa del Ministero di Grazia e Giustìzia, giunta da Napoli al Comandante delle Armi in Cosenza, nella quale si legge: Nel caso la Commissione Militare condannerà alla pena di morte più di nove degli arrestati esteri, essa limiterà la condanna soltanto a nove In questo numero si comprenderà tutti i capi e coloro che hanno avuto più influenza e più guidato alla rivolta. La condanna di morte, come ai sa, dei nove imputati principali venne eseguita il giorno dopo con la fucilazione nel vallone di Rovito; mentre il De Boccheciampe scontò in parte la condanna essendo stato, in seguito, graziato e liberato.
Molti altri sono i documenti ufficiali, riguardanti la spedizione dei fratelli Bandiera, esistenti nell'Archivio di Stato di Napoli, provenienti dal carteggio-del tempo del Comando Generale delle Armi e del Ministero di Polizia borbonica, fra i quali noto la supplica autografa di Attilio Bandiera a Ferdinando H, la requisitoria del relatore della Commissione Militare per 1*incriminazione dei fratelli Bandiera e compagni, la copia autentica della sentenza, il manifesto a stampa dell'esecuzione della sentenza, un fascicolo di manoscritti e stampati, sequestrati ai fratelli Bandiera, fra i quali, Istruzione generale per gli affratellati nella Giovine Italia opuscolo fotografato, nonché alcuni fogli volanti a stampa, con finanche lo scapolare del De Boccheciampe.
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Giuseppe Mazzini alla tragica une della sfortunata, per quanto eroica, impresa dei fratelli Bandiera rimase profondamente rattristato, sentendone il rimorso di averla istigata; e denunziò col suo famoso volumetto I ricordi dei Fratelli Bandiera e dei laro compagni di martirio in Cosenza, stampato in Parigi, all'esecrazione dell'opinione pubblica europea, che n'era rimasta tanto commossa, il De Boccheciampe quale iniquo traditore. Nel formulare l'atroce accusa il Mazzini, come scrisse, ne sentì tutta la responsabilità, e pertanto tenne ad assicurare sulla fondatezza di essa per averla raccolta da persone non sospette e bene informate, aggiungendo, per altro, nondimeno io mi assumo fin d'ora V obbligo se potesse mai un giorno scolparsi alludeva appunto al De Boccheciampe di fargli ammenda onorevole, ritrattandomi pubblicamente come oggi accuso.
Il De Boccheciampe, trovandosi in Albania, cercò di prendere in parola Mazzini inviandogli nel 1847 a Londra una lunga lettera di autodifesa, contenente non poche omissioni e inesattezze e molte asserzioni in contrasto palese coi documenti oggi noti, cercando di dimostrare, a modo suo, la propria innocenza per farsi assolvere dall'imputazione di tradimento. Non avendo avuto da Mazzini riscontro alcuno, ne scrisse un'altra, che rese di pubblica ragione facendola stampare in un giornaletto italiano di Atene. Ma Mazzini non rispose lo stesso, chiuso, come era, nella sua ferrea convinzione, che non si affievolì in lui mai nella vita, come si rileva in varie sue lettere, e preso pia che mai da supremo disprezzo pel De Boccheciampe, che ritenne subito, con la sua profonda perspicacia di cospiratore consumato, quale sciagurato traditore dei generosi compagni della spedizione, se non per altro, per salvare la propria vita, ossia, per viltà. La stessa causale intuì Emilio Bandiera allorché nella propria difesa, diretta al presidente della Commissione Militare, lo mette in guardia di non prestare fede a quanto