Rassegna storica del Risorgimento

BARBETTI EUSEBIO ; BARBETTI RUBICONDO
anno <1940>   pagina <917>
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I cospiratori romagnoli, eco. 917
La prima lettera è scritta alla madre, da Roma, quando, dopo più di mi anno di carcere, il Barbetti attendeva ancora L'esito della sua causa. Così si esprime: È inorile ch'io vi dica come si sta in carcere; vi dirò solo, che danno tali vestiri che l'uomo di onore e di qualche educazione preferisce lo stare ignudo; difatti io sono ancora coi panni d estate e con questi mi sono trovato tra la neve, e tra bufere orribili, ma sempre forte e indifferente ai colpi della sfortuna.
Si era, infatti, trovato tra la neve e tra bufere orribili, durante il trasporto, da S. Leo a Roma, a tappe, nella più cruda stagione di quell'inverno 1844.
Quella mandatami, in copia, dal Ghisalberti, è interessante, non solo perchè com­pleta quelle pubblicate, per l'anno 1845, dal Farini, ma altresì, perchè il Barbetti ci appare patrocinatore, più che di se stesso, della causa che ha in comune coi suoi com­pagni. Sublime generosità! Peccato che non si conoscano altre lettere, inviate dal car­cere pontificio, perchè chi sa quanta luce nuova ci avrebbero data, per il periodo della dura prigionia, nello Spielberg di Civita Castellana! Cinque lettere alla madre ed ai fratelli, scritte, nel 1847, da Cette, in Francia, dove, dopo l'amnistìa di Fio LX, Eusebio aveva cercato ristoro alla salute, irreparabilmente rovinata, e lavoro presso il fratello Rubicondo, sono anch'esse ricche di notevoli elementi biografici e storici.
Altissimi rimangono i sentimenti del cospiratore. Egli guarda alla Patria, con la nostalgia dé'esule, che arde di ricongiungersi all'amata sua terra, ch'egli, ripetuta­mente, chiama il giardino dell' Europa, col trasporto dell'innamorato, il quale, per cause nefaste, s* è visto attraversato il suo sogno d'amore; e, non per questo, s'è perduto di animo. Che, anzi, ora sogna più che mai e affretta, col desiderio di fare, della propria vita e della rigenerazione della patria, un unico destino. Scrive con mirabile trasporto:
Io, povero chimico, con un soldo di salute, spero arrivare un giorno a riunirmi colla mia famiglia in uno stato da poter anche essere utile ai miei diletti congiunti; se però nel cammino non incontreremo ostacoli dove l'onore comandi altro. Perchè allora rompo tutte le provette e le bottìglie e corro furibondo dove ci chiamerà il pericolo della patria, eia ci proveremo, e là trionferemo o moriremo tutti.
E la passione che sola e assai presto poteva rigenerare l'Italia. Yivissuni e apprezzatissimi i sentimenti d'amicizia. Per un amico, infatti, che egli ha reso un favore, scrive alla madre:
Questi colpi di felicità mi vincono, ed io cosi duro contro le avversità, mi sento in questa circostanza più fragile di un vetro.
Benedetta la Provvidenza.
Grande e ferma la fede nell'aiuto del Cielo, come ebbe la più gran parte degli nomini del nostro Risorgimento, che il premio uguaglerebbe il sacrifìcio, e questo vuole Dio e vogliono anche gli uomini buoni. L'occhio dell'esule non solo guarda, anelando al proprio Paese, ma anche a quanto, nel campo internazionale, potrà concorrere, favore­volmente o contrariamente, con avvenimenti che, da un momento all'altro, maturino, per la propria Patria. Scrive, infatti, E. Barbetti, guardando alla Francia dell'ottobre 1847:
Il governo di qui potrà imponentemente camminare coH'empia Vienna finché si tratta solo di allontanare una guerra, ma quando si trattasse di spegnere a mano armata l'entusiasmo di una Nazione che vuole una giusta indipendenza, guai a lui se non sapesse ben regolarsi secondo il volere di questo popolo. L'opinione della Fran­cia è e non può essere che non sia sempre la stessa, e guai a chi non sapesse o non volesse conoscere e seguire questa evidente verità.
Un altro documento insigne è la lettera diretta ad Augusto Aglebert, ch'io ho trovata tra le carte di questi, datata anch'essa da Cette, 12 gennaio 1847. La figura