Rassegna storica del Risorgimento
DUCCO LUDOVICO ; PROCESSI
anno
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1941
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La magistrale difesa di un inquisito bresciano, ecc. 5
Penetrato dell'importanza dell'argomento, ed agitato dal timore che qualche cosa si intrapprendesse, mi recai nella su avvertita casa dove tosto giunsero li Signori Ugoni. Scalvilo, Moretti ex colonnello, conte Vincenzo Martinengo, uno dei fratelli Panigada, di cui non so indicare il nome, ed altra persona che io ritenni essere l'ingegnere Pavia. Allora il Sign. Moretti prese la parola, e dopo molte premesse, ch'io non saprei ora][per difetto di memoria riferire, condusse il suo discorso, progettando di rinvenire un numero di uomini coraggiosi e di provvederli di armi e munizioni.
Che col mezzo di questi si avrebbe dovuto prender possesso delle pubbliche casse ed occupare anche li quartieri militari, cogliendo il momento in cui la truppa fosse al magazzino a prendere le razioni.
Mi pare altresì che dicesse che ove si fosse rinvenuta la gente necessaria ed i mezzi di armarla, allora si avrebbe dovuto fissare il giorno ed il modo di operare, e mi pare altresì che qualche cosa dicesse intorno a Peschiera e Rocca d'Anfo, ma di ciò non conservo che una confusa memoria, uè posso precisare cosa alcuna.
Dopo ch'egli ebbe finito di parlare, ed omettendo i dettagli della mia risposta, che ora per la distanza del tempo non saprei ricordare, la sostanza del mio discorso fa che ai militari che fanno la guerra, si dovevano lasciar trattare le armi, che ì pacifici cittadini anziché sturbare l'ordine pubblico, dovevano attendere ai loro affari, alle loro famiglie ed ai loro doveri, lasciando che gli avvenimenti seguissero il loro corso naturale senza punto immischiarsene, perchè coloro che avevano osato d'intrappreu-dere qualche cosa diretta a turbare l'ordine pubblico sarebbero stati responsabili di tutti i mali che avessero cagionato.
In seguito molte riflessioni aggiunse mio figlio, e molte ne fece lo stesso signor conte Dncco, tutte tendenti a raggiungere lo scopo del mio discorso. Dopo di che il sign. Martinengo e l'ing. Pavia per primi, ed in seguito anche Ugoni e Scalvini e Panigada dissero che nulla si doveva intrap prendere, ed aspettare lo "sviluppo degli avvenimenti.
Io credo che con ciò volessero alludere alla speranza che avevano dell'occupazione di questi paesi per parte dei Piemontesi, e mi pare che si dicesse anche da taluno che ove questa fosse avvenuta sarebbe stato quello il momento di agire, ed in tal modo ebbe fine quell'adunanza.
Debbo pure aggiungere che poco dopo l'TTgoni si recò a Verona presso una di lui sorella colà maritata, e sentii pure a dire che il Moretti si fosse assentato da Brescia. Devo altresì aggiungere che allorquando fuggì da Brescia il signor Camillo Ugoni, mi fu detto che se tra le carte di esso e del di lui fratello si fosse rinvenuta una lettera scritta da persona assai ragguardevole in Milano, ne sarebbe rimasto assai aggravato, mentre da essa partiva il pensiero dell'insurrezione. J)
Per quanto però abbia eccitata la memoria per risowenirmi il nome della persona, non mi è riuscito di poterlo richiamare alle mie reminiscenze. Questo è tatto ciò che era e quanto ò a mia cognizione e memoria nel proposito. ")
i) questa la nota lettera dottata dal conte Confalonieri in sua casa il 16, o il 17 marzo a uno del suoi amici (presmnibibnonte a Giacinto Moni piani) e portata a Brescia per la consegna a Filippo Ugoni dal bresciano Giuseppe Compagnoni (v. il mio articolo Giacinto Mompinui nei processi del '21 (Illustraz. bresciano, 16 aprile 1909).
2) Archivio di Stato di Milano', Cost dì Alessandro Dossi. Cost. 3a, P. 1881.