Rassegna storica del Risorgimento

BASSI UGO
anno <1941>   pagina <820>
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820 Umberto Beseghi
ricusarvi se volete realmente concorrere all'esecuzione delle leggi, ed alla loro più provvida e retta applicazione. Accettando farete il bene del paese, e ve ne sarò grato.
Monsignore Ganzi rispose così il 22 marzo :
Cittadino Preside Se ad assumere l'incarico a cui m'invita il vostro cortese foglio del 19 corrente (n. 2354) io non dovessi porre a calcolo fuorché i rapporti della mia attitudine a disim­pegnarlo, confesserei ingenuamente la insufficienza mia, senza però ricusarmi d'accet­tarlo col proposito di deabitarmene con tutta l'efficacia del buon volere il più leale e disinteressato. Ma poiché al di sopra di questi rapporti e d'ogni altro riguardo sta per me l'adempimento di gravi doveri che non trovo di guisa alcuna conciliabili col disim­pegno dell'incarico medesimo, non esito a dichiarare per effetto di quella stessa retti­tudine di cui vi piace di attribuirmi il merito, che non posso né devo assumerlo. Nella vostra saviezza voi farete senza dubbio ragione al mio contegno, e non vorrete lo spero, accagionarmi del difetto di sollecitudine a concorrere a quanto è nelle mie deboli forze al bene del paese.
Copia di questa lettera fu comunicata al cardinale Oppizzoni, il quale l'approvò con la seguente annotazione:
23 marzo 1849. Commendevolissima e lodevolissima fu la sua risoluzione. Si tenga negli atti C. Card.
Il tentativo, quindi, di collaborazione fra i rappresentanti del potere repubblicano e la Curia, cadeva di fronte al contegno passivo degli ele­menti di questa. Tentativo ingenuo o di une politica, non importa: certo fra i molti ecclesiastici bolognesi monsignor Canzi era proprio fra i più restii a qualunque forma, anche larvata, di transigenza.1)
* * *
La consegna degli atti relativi a cause pendenti avanti al tribunale ecclesiastico, in esecuzione del decreto 3 marzo 1849, e della circolare successiva del ministro della Giustizia, Giovata Lazzarini (7 marzo 1849, n. 13049), urtò contro la stessa passiva resistenza. Alla lettera
*) Monsignor Antonio Canzi (18041878) era in quei tempi membro ecclesiastico della Congregazione consultiva pei luoghi pii. Dopo la morte del cardinale Viale Prela, e l'arresto di mona. Ratta, il Canzi resse, come prò vicario, la Curia arcivescovile di Bolo­gna, e fu anima della resistenza agli ordinamenti del nuovo regno. Episodio gravissimo di questa triste lotta contro Punita d'Italia, fu quello di avere negato i funerali religiosi al conte Giuseppe Rota, presidente di sezione della Corte d'appello di Bologna, per non avere, in punto di morte, abiurato al giura mento prestato come magistrato a Vittorio Emanuele II. Sottoposto a processo insieme al parroco e al cappellano di San Giovanni Battista dei Celestini, al Canzi furono anche sequestrate copie di facoltà di assoluzione, autorizzate, come giù era avvenuto nel 1849, dalla Sacra Penitenzieria, per coloro che erano incorsi nella scomunica del 1859. L'assoluzione era subordinata a condizioni particolarmente gravi, ma pravissime pei soldati che avevano parteoipato alle azioni militari contro lo Stato Pontificio. Per questi l'assoluzione era concessa pur­ché (la tradazione dal latino è di Giosuè Carducci, perito fiscale, insieme a Biagio Gua­dagni, nel processo) siano pronti nell'animo ad abbandonare l'ingiusta milizia quanto