Rassegna storica del Risorgimento

RICASOLI BETTINO
anno <1941>   pagina <854>
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Mario Nobili
Stato si alleò alle grandi Potenze, rioni nn esercito, lo mandò in Crimea a combattere a fianco delle armate inglese, francese e torca, sforzandosi cosi di farà un posticino al sole. Nella lettera del 24 settembre 1855 il Ricasoli si proclama in modo assoluto per l'unita d'Italia e questa lettera è di poco posteriore all'altra che scrisse, da Londra, al fratello in Crimea il 18 luglio (II, 343-344) dove, invitandolo a tornare, aggiunge: Costà non si combatte per gl'interessi d'Italia, almeno in ragione immediata. Può ben esservi l'embrione di grandi cose, di avvenimenti sociali. Se vuoi la mia opinione, lo credo e, tutto giorno più, lo credo, perchè l'andare delle cose nasconde degli arcani palpabilissimi, ma che non è dato alla ragione umana di penetrare.
Trovo ancora in Lettere e Documenti (II, 376-378) un'altra lettera del Barone a Vincenzo del 14 ottobre 1856, dove è ben specificata l'unità d'Italia, con un sol Prin­cipe e cioè il Re di Sardegna: Aborro dai progetti eunuchi; e eunuchi considero tutti quelli che più o meno lasciano divisa in partì l'Italia, ecc. e più sotto: Io non posso capire come buoni italiani possano essersi data la pena di scrivere dei libri per dire che 1 Italia dev'essere di pezzi, come se un corpo in pezzi fosse mai un corpo; ecc., e ancora: E vi rispondono; ma l'unità oggi non è possibile. E se non è possibile oggi, prepa­ratela per l'avvenire, perchè è la miglior sorte che ci può toccare, e dateci una rivo­luzione sola e decisiva; e aggiorniamola a quando saremo maturi a questa trasforma­zione; e non sforzate avvenimenti ai quali non si eia preparati, per darci dolori e poco frutto.
Nel 1858, per preparare gli italiani agli avvenimenti che si stavano maturando, fu appunto istituita la Società editrice Biblioteca Civile dell'Italiano della quale col Ridoni, Peruzzi, Corsi, Cempini e Bianchi faceva parte, non ultima, anche il Barone Ricasoli. *
Sopraggiunto il 1859, avvenne la sperata rivoluzione, cne fu pacifica per la Toscana, ma ebbe anche esito cosi completo e impreveduto da far temere a chi ne assunse la direzione, e al Ricasoli soprattutti, che i democratici volessero ricondurre il paese agli eccessi del 1848-49 e che Napoleone III, profittando dell'inevitabile confusione, volesse accrescere la potenza della sua Dinastìa. Ma 1 Ricasoli si scosse ben presto dai primi vacillanti passi e quando, dopo la pace di Villafranca, si consigliava alla Toscana di richiamare i Lorena, si irrigidì nel concetto di annessione al Piemonte per addivenire con quel mezzo all'unità d'Italia.
Il Ricasoli del 1859 e '60 è ormai noto e non è quindi il caso di insistere su questo argomento.
La lettera del 24 settembre 1855 è quella che è, ed ognuno può interpretarla a modo suo. Secondo il mio modesto parere, il pensiero politico sul destino d'Italia del Ricasoli ebbe tre distìnte fasi* Nei primi del 1848, preso dal vortice della rivo­luzione e colla speranza di successi militari piemontesi, fu unitario. L'esito infelice delle campagne 184849, gli errori politici del 1849 lo resero dubbioso e disgustato anche del Piemonte. Ma questo piccolo paese che aveva conservato la sua costitu­zione; che aveva un buon esercito; un Re e un Primo Ministro che si chiama­vano Vittorio Emanuele e Camillo di Cavour; che stringeva alleanza militare con Inghilterra, Francia e Turchia; che combatteva valorosamente e che ebbe infine un seggio nel Congresso di Parigi, non poteva che affascinare il Barone Ricasoli e ricondurlo ancora una volta a pensare e volere, non solo l'indipendenza, ma anche l'uniti. d'Italia.
MARIO NOBILI