Rassegna storica del Risorgimento

anno <1941>   pagina <865>
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Addio, mia bella, addio, ecc. 865
comparato, avrebbero continuato ad alimentare la pianticella della storia del Risorgimento* certi in cuor loro che questa disciplina, rispondendo ad un reale bisogno dei tempi e degli studiosi, sarebbe un giorno tornata in onore.
A dircela così tra noi, a me potrebbe saltare in testa di sostenere (bel capitolo, fra cent'anni, in una tesi di laurea di storia contemporanea, all'università di Tananarivo, su A. M. G. e le concezioni storiografiche dell'età che fu sua, con documenti inediti) cne la ragione vera per cui io ho lasciato la storia del Risorgimento per quella moderna è stata di natura, diremo così, prevalentemente gastronomica. A un certo punto, ho deciso di dire addio a gelati, cassate e pasta reale, a Rageth e Koch, alla Pastic­ceria del Massimo e ai tre Coflish, per andarmene ad assaggiare il cioccolato della Perugina e le nnove delizie di Falci, di Vitalesta e del Medioevo. La Facoltà di lettere di Roma, ha poi chiesto la istituzione della cattedra di storia del Risorgimento e il Ministro mi ha fatto l'onore e procurata la grande gioia di restituirmi alla disci­plina prediletta nella mia antica Università. Ma questo è un discorso serio, che non interessa i lettori.
Ai quali, invece, potrebbe venire il ghiribizzo di domandarsi come mai, se gli interrogativi di cui sopra hanno valore, due vincitori del più recente concorso di storia generale siano.passati a professare storia del Risorgimento, a Torino e a Pisa, e un altro* valorosissimo cultore di storia del Cristianesimo, dopo una breve sosta sulla cattedra spettantegli per quello stesso concorso, abbia abbandonato questa per altra non meno degna, ma certo diversa attività. E qualche altro curioso potrebbe chiedersi perchè un altro e di gran nome tra i migliori studiosi di storia, dopo molti anni di insegna­mento, in Facoltà di magistero, di lettere e di scienze politiche, di storia generale e moderna, proprio dopo la comparsa degli articoli del Rodolico e del Monti, abbia sen­tito la necessità di spiccare il volo verso la storia del Risorgimento. E qualche inconten­tabile ce n'c tanti potrebbe voler rendersi ragione di come un simpaticissimo e cordiale Ulisside ferroviario della storiografia, abbandonato il Risorgimento per la storia moderna, fiancheggiasse questa con un incarico di letteratura straniera. Anche qui, insoddisfazione per la materia, timore che un altro ministro gliela ritogliesse ? E l'insoddisfazione, se ci fu, dovette essere tanta, che un bel giorno non' sdegnò di pen­sare alla storia dei trattati, ne di ripensare, eventualmente, a quella del Risorgimento, per acquietarsi, alfine, in seno alla storia moderna in una Facoltà di scienze politiche. Per lo meno, si trattava di una insoddisfazione o di un timore pari a quelli che indus­sero me, prima che il ministro Ercole accogliesse la proposta d'incarico di storia del Risorgimento della Facoltà di lettere di Roma, ad esercitare per tre anni l'assistentato presso la cattedra di storia economica e, più tardi, a tenere per altri tre, a Palermo, quello di storia moderna, e, a Perugia, per un anno, l'altro di storia economica. C è stato, del resto, di recente, chi, convinto, appassionato e apprezzatissimo studioso di storia medievale, ha lasciato questa per la moderna. Non conviene mai, insegnano l'espe­rienza e i manuali del metodo storico, costruire una teoria su un solo fatto. Tanto più, quando si verifica il caso dell'illustre autore dell'articolo da cui il nostro Monti prende le mosse, il quale, dopo lunghi anni di onorata e costruttiva attività sulla cattedra di storia moderna in Facoltà di lettere, se n'è andato, anche lui armi e bagagli, a insegnare storia dei trattati e delle relazioni internazionali in Facoltà di scienze politiche, della quale è degnamente divenuto preside. Quali i motivi di questo veramente curioso transfugium da parte dell'apostolo della storia contemporanea ? Proprio, proprio, tertium non datur?
Visto che il passaggio di cattedra (non mi pare sia più il caso ora di parlare di abbandono) è prassi abituale nella vita universitaria, come dimostra una scorsa