Rassegna storica del Risorgimento

anno <1941>   pagina <866>
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Alberto M. Ghisalberti
anche superficiale all'annuario, vediamo quale valore abbiano le altre argomentazioni che il Monti fa sue, dando ascolto alle siculc sirene, contro le insidie delle quali non ha seguito l'esempio del 7TOX6TPOTTO<; Odisseo. Forse, allora, la conclamata perfetta soli* darietà con il valoroso collega ( solidarietà che non è senza significato, quando si penai che proprio io mossi per il primo il quesito nel 1923 al Consiglio superiore della Pub­blica Istruzione circa la possibilità di conseguire la libera docenza in storia del Risor­gimento, e nei Congressi della vecchia Società per la Storia del Risorgimento spezzai pn di una lancia, anche con l'autorevole adesione di Alessandro Luzio,*) perchè nelle università italiane fosse introdotta tale materia) si sarebbe attenuata e il Monta non ci avrebbe detto che, confortato da una maggiore esperienza, la proposta del Rodo-lico mi trova oggi completamente sullo stesso suo piano, come lo prova il fatto che io da qualche anno ho promosso la rinuncia alla concezione accademica del Risorgimento, per adottare, nei riguardi dell'Istituto [Civico di Milano] quella di storia contempo­ranea.
E fors'anche qualcuno gli avrebbe suggerito di aspettare un poco a far proposte, visto che per lo meno il titolare, che allora già c'era, di storia del Risorgimento a Torino avrebbe potuto sentire il bisogno di dir la sua di fronte ad un'asserzione di questo genere: trovato dunque l'accordo nel senso di chiamare storia contemporanea quella che oggi si chiama storia del Risorgimento e considerando il Risorgimento come un periodo cronologicamente compreso nella storia contemporanea (periodo chiuso con la conquista di Roma nel 1870, oppure con quella di Trento e Trieste), i molti incarichi di storia del Risorgimento potrebbero rimanere col nome mutato e pregarlo di non insistere a fargli mutar cattedra. 2)
Niccolò Rodolico ha lanciato la sua brava Pascendi contro gli eretici risorgi­mentisti e Antonio Monti laudabiliter se subiecit. Ma, un momento, e ragioniamo. Prima di tutto, la questione supera i nomina rerum, i flatus vocis. Se ho ben capito, il Rodolico mira e, dal canto suo, è logico e coerente più in alto e più in là. Alla base del ragionamento del chiaro studioso scrive il Monti è la con­statazione che gli studi del Risorgimento non hanno sempre dato, nonostante il loro fervore, tutto quel risultato ch'era logico aspettarsi. Spesso, infatti, si nota che tah studi sono circoscritti entro uno stretto orizzonte, e come tali incapaci di inserire la vita e la storia d'Italia del periodo del Risorgimento nella vita e nella storia contempo­ranea e del mondo. E sembra d'accordo col Rodolico, il quale viene, almeno cosi, ad escludere la possibilità di studi seri e scientifici sul nostro periodo nelle università. Que­sti poveri risorgimentisti sono decisamente sterili, quasi come la setta degli Esseni in Plinio, gene in qua nemo nascitur. Ma da quanto tempo il Monti se ne è convinto ? Certo, dopo il 1939, se ancora in quell'anno scriveva: Questi imponenti frutti della recente storiografia sul Risorgimento sono e saranno sempre più selezionati daWinsegnamento
*) Non ero presente, aetatis causa, al I Congresso di Storia del Risorgimento, ma so benissimo che fin dal novembre 1906 Giuseppe Lisio, confortato dall'assenso di Giacinto Romano e di altri, e con le riserve del Volpe, propose l'istituzione di cat­tedre universitarie di storia del Risorgimento, vedi Atti del primo Congresso per la Storia del Risorgimento italiano, Milano, Lanzani, 1907, pp. 101115.
2) A principio d'anno la storia del Risorgimento era anche insegnata, per inca­rico, a Bologna (Giovanni Natali), Cagliari (Eugenio Passamonti), Firenze (Carlo Morandi), Genova (Attilio Codignola), Milano (Regia e Cattolico: Antonio Monti), Napoli (Angela Valente), Padova (Attilio Sindoni), Palermo (Marco Modica), Pavia (Nino Cortese), Pisa (Walter Maturi), Roma (Francesco Ercole).