Rassegna storica del Risorgimento

anno <1941>   pagina <872>
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Alberto M. Ghisalberti
studiarsi la Piavola de Franta. Bene inteso, questa idea, nella quale mi conforta un recente, autorevole parere dell'amico e collega carissimo Carlo Morandi, è esposta puramente come indicazione generica, considerando che nel momento attuale quattro sono i titolari della nostra disciplina. Quanto alle città sedi di questo insegnamento, a prima vista vien fatto di pensare a Torino, Milano, Roma e Napoli, ma, anche qui, altri meglio di me indicati potranno fare più concrete ed efficaci proposte.
Intanto, i risorgimentisti sopra vissuti continuino a studiare e a far studiare la loro disciplina. C* è ancora tanto da fare nel nostro campo che vien fatto di chiedersi se questo non sia così vasto da impegnare ancora lungo lavoro e braccia salde e numerose.
Senza ripetere l'abusato luogo comune di una storia del Risorgimento perpetua­mente da rifare e senza esagerare nel volerla vedere quasi esclusivamente in funzione di storia diplomatica, o di storia della unificazione politica, occorre rendersi conto che, di fronte all'abbondantissimo materiale documentario che possediamo, man­chiamo, tra l'altro, quasi completamente di buone biografie dei maggiori e minori protagonisti e attori del Risorgimento, non abbiamo che scarsi studi d'insieme, sulla vita e lo sviluppo dei singoli Stati italiani, sulle loro relazioni internazionali, sulla partecipazione delle varie classi sociali al grande moto nazionale, sui movimenti e gli indirizzi politici, dal liberalismo al socialismo, dal neoguelfismo al murattismo. La messe già raccolta dal Luzio al Salata, dal Fiorini al Menghini, dal carteggio dei Verri agli atti delle assemblee costituzionali, dagli scritti del Mazzini alle earte Lanza, dai carteggi Cavonriani all'epistolario del Bixio, è enorme. Ma non tutto è fatto. E quel che non è da fare è da rivedere, da aggiornare, da mettere a fuoco, al lume di una nostra più vasta esperienza, di una più vigile sensibilità, forse anche di un più ricco sentimento dell'ideale.
Noi risorgimenti ti dobbiamo convincerci che non tutte le accuse che ci rivolge il Rodolico sono immeritate, non tutte le frecciate che ci lancia cadono fuor del ber­saglio. Ed è appunto per questo che dobbiamo lavorare, affinarci, portarci, ove non lo siamo, all'altezza dei tempi e delle esigenze della scienza. Ma di una cosa dobbiamo essere convinti: la nostra disciplina non è né una Cenerentola, né una moribonda. Nessuna critica altrui ne giustifica il misconoscimento. La storia del Risorgimento vanta nobili precedenti scientifici e, quel che più conta, appartiene al patrimonio ideale degli Italiani. Quando nel grigiore piovoso del 3 novembre vedemmo uscite dal Sacrario, ove aveva sostato, tra i vessilli dei reggimenti dell'Isonzo e del Piave, accanto al grande Ignoto nel cui sacrificio si compendia tutto il valore e tutto il tormento degli eroi che hanno dato all'Italia la gloria di Vittorio Veneto, la salma di Goffredo Mameli, un fremito improvviso scosse gli astanti, il cuore vibrò più rapido. E mentre fra lo squillare degli inni che avevano esaltato i nostri padri e la nostra giovinezza, il Poeta caduto fra un Inno e una battaglia, avvolto nella bandiera che il Triestino Zamboni aveva affidata al Battaglione universitario romano, s'avviava sulle spalle delle Camicie Rosse all'apoteosi del Gianjcolo, sentimmo, e con noi quanti ebbero la ventura di essere presenti, viva come non mai la tradizione del Risorgimento. E quel cielo livido e chiuso parve ai nostri occhi sfolgorare di solo.
ALBERTO MARIA GHISALBERTI