Rassegna storica del Risorgimento
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1941
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pagina
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878
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878 Libri e periodici
quello tedesco, discuteva sulla liceità della guerra che aveva condannato: si etti messo contro la storia e l'anima popolare, aveva dimostrato, come la camera dei deputati per il suo atteggiamento analogo, di aver esaurito il suo compito: la storia d'Italia di domani doveva determinarsi senza quel partito e queir istituto, contro di essi.
Nella guerra entrammo con tutto il nostro entusiasmo idealistico a difendere, come si disse, la nazionalità e la democrazia, Ja cultura e la civiltà d'occidente da una grave minaccia. Ne uscimmo con una grande vittoria militare che dette all' Italia coscienza della sua forza nella storia, ma con una duplice delusione, ideale e materiale, poiché vedemmo come la nazionalità e la democrazia, la cultura e la civiltà d'occidente fossero state difese soltanto da noi con fede pari all'eroismo e i nostri alleati ne avessero fatto motivo di propaganda per ingannarci e per profittarne, vedemmo come non fossero rispettati i patti dai nuovi assertori di armonia internazionale e fossimo esclusi dalla spartizione del grande bottino.
A questa duplice delusione deve por mente chiunque voglia indagare sulle condizioni della vita italiana del dopoguerra e risalire alle cause delle nostre determinazioni politiche. Parve per un momento che l'Italia smarrisse coscienza di sé, ma essa risorse, superando tutti i partiti in una nuova concezione dell'individuo, dell'autorità e dello Stato che tornava alle più pure fonti della sua tradizione per l'opera di un genio che aveva sofferto le drammatiche esperienze della vita italiana degli ultimi anni. I due grandi Stati d'Europa, ultimi formatisi nella storia, trovarono, come accennammo, comuni problemi da risolvere all'interno e all'esterno: Italia e Germania si trovarono di fronte grandi e ricchi imperi, già solidamente costituiti. Da una parte l'interesse di questi a mantenere l'ordine costituito, dall'altra l'interesse di quelle a crearne uno nuovo con diverso carattere di giustizia, l'interesse a farsi un po' di posto al sole per tante e crescenti vite umane senza lavoro e senza pane, dovevano fatalmente trovarsi l'un contro l'altro ed urtarsi. Questo motivo insieme all'amarezza di sentirci delusi dopo tanto contributo alla vittoria, a prescindere dal nuovo ideale politico e morale che anima la vita d'Italia, può renderci ragione del perchè noi vincitori ci confondemmo coi vinti di ieri e con essi facemmo causa comune contro i trattati
* pace' FRANCESCO DORANTI
Carteggio di PIETRO e ALESSANDRO VERRI dal 1 gennaio 1780 al 26 maggio 1781, a cura di GIOVANNI SEREGNI; Milano, Giuffrè, 1940, in 8, pp. 350. L. 40.
Recensire un solo volume di un carteggio, preceduto e seguito da parecchi altri, è molto dimoile quando non si vogliano ripetere le solite frasi sulla rivelazione di anime nella loro nuda sincerità e simili. I fratelli Verri meritano di più: uno studio profondo del loro reciproco carteggio, che non è possibile attraverso un solo volume e per un periodo che non è forse il più importante della loro vita.
Per ciò scorriamo questo volume come scorreremmo una Gazzetta una di quelle pettegolissime gazzette della fine del Settecento, in cui le notizie sui prestigiatori si alternano a quelle sulle scoperte scientifiche e alle critiche letterarie. Pietro da Milano e Alessandro da Roma segnano eronisticamente tutto quanto avviene, tutto quanto apprendono e, che più, ciò che pensano: ci pare di assistere ad un diario dialogato in cui Pietro, pieno di ammirazione e di rispetto pel fratello, pende dalle labbra di Alessandro che lo guarda un po' dall'alto. La differenza di temperamento fra i due porta coinè conseguenza uno squilibrio fra le parti milanese e romana del carteggio: quest'ultima, assai meno numerosa, per lo più frettolosa, è appena costituita da convenevoli d'uso e poche notizie quasi sempre senza interesse.
Pietro invece scrive a lungo: anche quando è preoccupato per la malattia della moglie (con la morte della quale ai chiude questo volume), non tralascia di dar notizie ralla vita spicciola di Milano, sugli aneddoti che circolano, sulla propria carriera, su Maria Teresa e sul suo successore. Egli nel 1780 porta a termine il primo volume