Rassegna storica del Risorgimento

anno <1941>   pagina <879>
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Libri e periodici 879
della storia di Milano e l'intenso suo lavoro si riflette anche in qualche lettera insieme con accenni alle sue opinioni letterarie, estetiche, morali.
Anche la politica ha grande parte nelle lettere di Pietro: fedelissimo agli Asburgo che chiama la Padrona e ilPadrone, con parole, cioè, che non ci aspetteremmo da uno spirito cosi forte, egli d'altra parte non dimentica d'essere italiano benché lombardo; ricorda gli austriaci con notevole antipatia e giudica i transalpini incapaci di sentire il bello. Della Storia delle arti del disegno del Winkehnann scrive (22 gen­naio 1780):
Ti dirò che mi fa un'impressione cattiva il tono decisivo e insultante col quale s'annunzia il libro, di cui il pregio comincia col ribassare quello d tutti gli Italiani e di tutt'i Francesi che hanno prima di lui trattato delle antichità. Vi è ' l'elogio del Winkehnann composto da certo Heyne tedesco, il quale trincia colla sciabola decisioni a dritta e sinistra in modo strano. Mi pare che delle belle arti se ne dovrebbe scrivere con più grazia e che quelle mani imbrattate maneggino male l'Apollo di Belvedere; questi sono argomenti ne' quali si tratta di probabilità e di sentimento, non di dimostrazione. Il sapere di chi sia il lavoro d una statua, se tutto antico o j>arte è un soggetto di erudizione che per lo più non è certo; il ritro­vare poi più o meno anima, nobiltà, grazia, in un antico o moderno lavoro dipende dalla sensibilità di ciascuno, e vi saranno dispareri di buona fede fra due uomini colti almeno sul più e sul meno... Son fiori delicati da cogliersi leggermente da una mano monda e leggera, cosi mi pare che dovrebbesi scrivere delle belle arti; ma quella durezza aspra teutonica panni che le deturpi....
E più oltre (26 gennaio):
oc Ti ho scritto il senso che mi fa il Winkelmann. Io non reggo a quella lettura. Nelle scienze satte l'uomo può arditamente insegnare: la cosa è così; nelle belle arti non vi è dimostrazione, si tratta di probabilità e di sentimenti; può darsi un disparere fra due uomini colti e sensibili, le opinioni sono da annunziarsi con grazia, con dubitazione e con modestia. I Tedeschi pretendono di conformare al sistema mili­tare le belle arti; il sig.r Heyne che non ho l'onore di conoscere si pone a coman­dare l'esercìzio; io che non mi sento d'essere una recluta, e che pretendo di ragio­nare liberamente trovo una ribellione ostinata verso quel colonnello Heyne; non mi quadra il Reggimento Winkelmann che decide che Michelangelo era secco, e mi sento voglia di voltare il fucile verso questi pesanti e stivalati maestri che deturpano un campo coltivato sinora dagli Italiani.
Altre lettere di Pietro pure assai interessanti, ma non più nuove dopo che il Vianello ne ha parlato nel suo libro su G. Beccaria, sono quelle relative ai delitti e alle pene, il cui grasso e intorpidito autore diviene oggetto di aneddoti e di giudizi non sempre lusinghieri.
Ripeto, a parlare dei due Verri si potrà pensare quando la pubblicazione del carteggio sarà condotta a termine. Per ora, aggiungo solo che, cosa impensabile da chi abbia presenti alla memoria altre lettere come quelle ad esempio del Giordani, il carteggio Verri è una delle letture più dilettevoli che possano darsi, per l'mfinito numero di fatterelli che vi sono narrati e costituisce una visione quasi cinematografica della Milano del Giorno. e. TRASSEMJ
AGATA LO VASCO, Le biblioteche d'Italia nella seconda metà del secolo XVIII; Milano Garzanti, 1940-XVIII, hi 16, pp. 129. L.-10.
L'abate spagnolo Giovanni Andrcs. erudito e bibliofilo, visse ininterrottamente in Italia dal 1793 sino alla sua morte, avvenuta a Roma nel 1817: fu insegnante di filosofia a Ferrara, bibliotecario a Mantova, a Parma e per breve tempo a Pavia, mem­bro di Accademie e di Società letterarie, e da ultimo prefetto della Biblioteca Reale di Napoli. Aiutato dalle amicizie numerose e influenti, dalla protezione di principi, dalla