Rassegna storica del Risorgimento

anno <1941>   pagina <883>
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Libri e periodici 883
1 araldo di una civiltà che riprendeva il suo cammino. Qui la sua gloria indiscussa e imperitura.
Molte pagine della prima parte dell'opera sono dedicate allo studio della perso­nalità dell'infelice Carlo Alberto, di cui FA. delinea giustamente il carattere insoffe­rente di provocazioni e di offese, simbolico nelle espressioni, dotato di una sensibilità tutta particolare ed istintiva. V*incontriamo notizie o cenni rapidi (es. Famore del Re per gli studi, l'arte e la letteratura e il suo mecenatismo) che, data la loro impor­tanza, monterebbero un più ampio sviluppo. Chiaramente esposti in generale sono anche i motivi storici che hanno sospinto Carlo Alberto ineluttabilmente sopra il cal­vario seminato di angosciosi intimi contrasti, di umiliazioni e di delusioni, di sventurati ardimenti: calvario su cui, come ben dice FArdau, fu consumata, in una solitudine tremenda, la tragedia di Oporto. Non manca però qua e là qualche inesattezza: ricordo, di passaggio, che F Ardau afferma che durante la prima guerra d'indipendenza Carlo Alberto fu preso quasi improvvisamente da un esagerato misticismo e si votò agli eroismi del digiuno e del cilicio con gran danno della sua salute. Parrebbe in tal modo che i nuovi avvenimenti abbiano influito sul suo mutamento di vita; in verità (e ne fa buona fede il Cibrario, il cui nome non vedo mai citato nel contesto del volume) il concentramento spirituale e il fervore religioso del Re erano già incominciati per lo meno un decennio prima.
Sull'educazione e sulla formazione mentale di Vittorio Emanuele e, in particolare, sulle prime manifestazioni del suo speciale temperamento FA. dà notizie sicure, che non perdono del tutto il loro valore neanche dopo le analisi del Monti nel noto volume, che tratta lo stesso argomento. Sono anche messe nel dovuto rilievo le prime terribili difficoltà incontrate dal Re giovanissimo dopo il convegno di Vignale: il popolo, diffidente del monarca ed eccitato dal dolore della sconfitta; i nemici della libertà e della indipendenza d'accordo con i nemici della monarchia per sobillare le masse; l'esercito avvilito, affamato, indisciplinato; la coscienza pubblica oscurata e sconvolta; l'autorità legittima oscurata e quasi odiata: difficoltà che Egli seppe fronteggiare e superare con animo impavido e franco.
Pure efficacemente rappresentata è la politica tutta personale del Re Galantuomo, la quale, come ognuno sa, talvolta determinò, più di qualunque altro fattore, il corso degli avvenimenti, e che egli persegui con fermo proposito, a costo di qualunque rischio e per lo più in contrasto con le vedute dei suoi stessi ministri o dei suoi consiglieri. Nei giudizi FA. procede sempre cauto e assennato,il che è d'importanza tutt'altro che indifferente, segnatamente in una opera come questa, rivolta ad un pubblico di media levatura, di certo non aduso alla posizione e alla discussione dei problemi della storia. Così, tanto per citare un esempio, sulla questione assai discussa della religiosità di Vittorio Emanuele FA. esprime un'opinione molto temperata, che si può senz'altro accettare: che cioè il Sovrano, nonostante qualche aspetto paganeggiante e, benché dal 1860 fino al momento del trapasso, non sia mai stato un praticante, può essere considerato ad ogni modo cattolico ortodosso, tenuto conto dell'orientamento e dei bisogni del suo spirito. Egli fu uno di quei cristiani] nei quali è custodita la scintilla che, diventando fiamma, può forgiare il mistico, il martire, l'apostolo, il condottiero.
Ed-ora mi sia permessa qualche discreta osservazione.
L'A., seguendo la corrente tradizionale e in particolare la pubblicazione fatta dal] D* Hauterivc dalla corrispondenza tra Gerolamo Napoleone e Napoleone IH, spiega le cause che condussero all'armistizio di Vlllafranca con lo sòlite ragioni: la preoccupazione delle notizie provenienti dalla Germania, l'ostilità dei neutri, le malferme condizioni sanitarie dell'esercito francese. Un motivo più potente in vero (e ne diede ampia prova il Silva) spinse l'imperatore a concludere in fretta la guerra: il timore che il movimento nazionale, sorto con le prime vittorie alleate nell'Italia centrale, potesse danneggiare Finteresse francese.