Rassegna storica del Risorgimento
AUSTRIA ; BUBNA FERDINAND ANTONIN ; MANZI TITO ; METTERNICH - W
anno
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1942
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11
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I rappòrti di Tito Mansi col Governo austriaco, ecc. lì
Voi conoscete le sue idee tutt'altro che favorevoli alle altre Corti d'Italia, visto e considerato che la loro politica ed i loro procedimenti amministrativi riposano su principi m antitesi coi suoi: non abbiamo quindi alcuna ragione di supporre che egli francamente non desideri di abbracciare di preferenza la causa dell'Austria e di fedelmente servirla.
Mettermeli osservava poi che il Manzi univa ad un cervello acuto, un'anima ardente ed era quindi spesso necessario frenarlo e calmarlo: siccome però assieme a molta finezza univa bonomia e semplicità, credeva dovergli dimostrare confidenza per più facilmente dirigerlo. A suo avviso quello che più il Manzi temeva e feriva la sua delicatezza era il riposto pensiero attribuito al Governo imperiale di volerlo impiegare quale agente segreto di polizia:
io ho fatto di tutto continuava il Mettermeli per combattere tale errore e vi invito, signor conte (il Bubna), a fargli sentire, se il Manzi ve ne parlasse, che egli può e deve essere sotto questo rapporto ben tranquillo, giacché la sfera della sua attività sarà limitata a servire da intermediario fra il conte Guicciardi e voi; egli deve quindi compiacersi della nuova destinazione, non potendosi presentare per lui occasione più favorevole per farsi conoscere vantaggiosamente.
Mancano poi per qualche mese i documenti personali del Manzi cosi vittoriosamente entrato nelle grazie del Sovrano e del Cancelliere; negli archivi viennesi abbondano invece memorie e scritti politici suoi difficilmente rintracciabili e che sarebbe fuori luogo riportare qui, data la loro ampiezza e che caso mai meriterebbero uno studio a parte. Ci limiteremo quindi a riassumerne qualcuno ad esempio, mai smentito, della indipendenza di giudizio dell'estensore. Di certa importanza è così quello del 18 marzo 1818, diretto al Bubna e da costui inviato a sua volta al Cancelliere il 24 aprile, che completava quanto il Manzi ebbe ad esporre al principe in un colloquio avuto con lui in quello stesso anno, nell'occasione del suo recente viaggio in Italia. Datato da Firenze, era indirizzato al conte Guicciardi e scritto in italiano con una certa libertà di apprezzamento e di linguaggio, certo insolita per un confidente dell'Austria. In esso traspariva anzitutto il suo risentimento verso i suoi conterranei per non averlo subito ammesso in patria. Descritte poi le feste pubbliche nella capitale toscana, in occasione del passaggio di S. M. delle quali fu
testimone e vìttima ad un tempo, proseguiva testualmente: Il popolo, uso ad ammirar tutto, è stato il primo a ridere d'ogni cosa: io ebbi in mano nel corso di tre giorni dieci differenti satire, quel che è peggio, tutte giustissime e meritate... Nuove feste saranno date al ritorno dell'Imperatore, che il granduca pagherà colla sua cassetta e dirigerà da se stesso. ,